Dal 30 Aprile il Governo alza l’elettrosmog in tutta Italia. “Ma le Regioni possono abbassarlo”, afferma il Codacons

Oasi Sana – 26/02/2024

Dal 30 Aprile il Governo alza l’elettrosmog in tutta Italia. “Ma le Regioni possono abbassarlo”, afferma il CODACONS – Oasi Sana

 

Dal 30 Aprile il Governo può innalzare i limiti soglia d’inquinamento elettromagnetico (agenti possibili cancerogeni) in forza della Legge approvata il 30/12/23. E lo può aumentare fino a 100 volte in più rispetto ad oggi: un vero TSO per tutti. Ma le Regioni possono però opporsi e legiferare diversamente. “Solo i Presidenti di Regione possono fermare l’aumento sollevando conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, Oggi le Regioni possono legiferare nuovamente in materia, fissando limiti più cautelativi di quelli che saranno fissati dal Governo, ricorrendo le condizioni etico-politiche“, è quanto sostiene il CODACONS in un appello girato oggi a tutti i governatori. OASI SANA lo riporta integralmente. Per approfondire il tema, guarda la prima puntata de LA TECNOGABBIA di Maurizio Martucci dal titolo TSUNAMI 5G.

ELETTROSMOG: SU NUOVI LIMITI A ESPOSIZIONI CODACONS SCRIVE AI PRESIDENTI DELLE REGIONI

E CHIEDE DI INTERVENIRE PER TUTELARE LA SALUTE DEI CITTADINI

DA STUDI SCIENTIFICI CHE IL GOVERNO FINGE DI IGNORARE EFFETTI CANCEROGENI PERICOLOSI PER I CITTADINI

In tema di elettrosmog il Codacons ha rivolto oggi un appello a tutti i presidenti delle Regioni italiane, chiedendo di intervenire a tutela della salute della popolazione. Di seguito il testo della lettera inviata dall’associazione:

“Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy recentemente ha presentato un emendamento al DDL Concorrenza 2023, che è stato approvato ed è divenuto l’art. 10 della legge 30 dicembre 2023 n. 214: innalza il limite alle esposizioni prolungate al campo elettrico, vigente da 25 anni, da 6 V/m a 15 o 61 V/m, come infine deciderà il Governo medesimo entro il 30 aprile p.v. (l’art. 10, sancisce l’aumento dei valori limite per l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. I nuovi limiti saranno stabiliti entro 120 giorni dall’entrata in vigore della Legge 214/23 pubblicata in data 31.12.2023). Il Ministro Urso, che lo ha presentato, ha parlato di “ammodernamento” del Paese ma in verità aumentare la soglia di un inquinante pericoloso non è mai una conquista di civiltà, semmai il contrario. Tanto più se si tratta di un inquinante cancerogeno, come appare dallo studio sperimentale del US National Toxicology Program, condotto su 4.500 ratti, costato $ 25 mln (2017), e da quello dell’Istituto Ramazzini (BO), € 5 mln, su 2.450 ratti (2018).

In tal modo miliardi risparmiati si trasformerebbero in profitti destinati all’estero (TIM è prevalentemente franco-spagnola, Vodafone inglese e Wind 3G è proprietà della cinese Hutchinson di Hong Kong) invece che entrare nel mercato dell’indotto elettromagnetico italiano (PMI che curano la costruzione e la manutenzione degli impianti, alcune delle quali già fallirono quando Monti fece alle licenziatarie del 4G il medesimo regalo, ammorbidendo i criteri di misura delle emissioni).

Di quanto salirà il “tetto di cautela” di 6 V/m al momento non sé noto, poichè l’art. 10 della legge n. 214/2023) riapre i termini ex art. 4 legge 36/2001 perché il Governo decida, entro il 30 aprile 2024. Lo stesso art. 10 stabilisce che il valore di attenzione dovrà essere almeno di 15 V/m (0,6 W/mq invece di 0,1).

Unica barriera a tutela della salute delle persone e dell’ambiente è la Conferenza Unificata che dovrà approvare il deliberato del Governo e potrà ostacolare tale scempio che porta indietro di decenni la normativa contro l’inquinamento elettromagnetico e le conquiste anche giurisprudenziali che sono state ottenute dai cittadini, dai comitati e dalle associazioni su tutto il territorio nazionale per la tutela dell’ambiente e della salute.

Solo i Presidenti di Regione possono fermare l’aumento esponenziale dei campi elettromagnetici nelle nostre città con una conseguente esposizione attiva e passiva delle persone, bambini, anziani, fragili all’inquinamento elettromagnetico. Ancora una volta il principio di precauzione, strumentalizzato per altre questioni, in questa triste vicenda va a detrimento degli interessi delle persone a vivere in un ambiente salubre.

Per il profitto straniero si sterilizza il lavoro dei radioelettrici italiani e la domanda interna del Paese, e si sacrifica la salute degli utenti e consumatori del servizio di telefonia cellulare, atteso che le microonde impiegatevi, appaiono risultare “cancerogene” al termine dei due grandi studi sperimentali, unici per dimensione del campione studiato, conclusi nel 2018 negli Stati Uniti e in Italia.

Le Regioni possono intervenire e farsi sentire in Conferenza Unificata.

Possono farlo, ad avviso del Codacons, anche sollevando conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in considerazione dell’inserimento nella Costituzione della materia concorrente della tutela ambientale, che non è una non materia, come sostenuto dalla Consulta con la Sentenza 7 ottobre 2003 n. 303 (“Questa Corte ha già chiarito che la ‘tutela dell’ambiente’, più che una ‘materia’ in senso stretto, rappresenta un compito nell’esercizio del quale lo Stato conserva il potere di dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le Regioni e non derogabili da queste.

Oggi le Regioni, a nostro avviso possono legiferare nuovamente in materia, fissando limiti più cautelativi di quelli che saranno fissati dal Governo, ricorrendo le condizioni etico-politiche anteriori alla emanazione del DPCM 8/7/2003 (G.U. n. 199/2003), con il quale in materia di protezione della popolazione dai campi elettromagnetici fu costruito quel “compromesso” tra diritti contrapposti, cui la Consulta allude nella Sentenza citata (motivazioni in diritto n. 5-7); e giuridicamente ricorre il quadro preesistente quando la Consulta, nel 1999 (Sent. n. 382) riconobbe legittima la legge regionale Veneto n. 27/1993, che fissava, per il campo magnetico industriale, un limite 500 volte inferiore a quello fissato dal Governo con DPCM 22/04/1992, nel frattempo (ma prima della data della Sentenza della Consulta n. 303/2002) ridotto di 10 volte (da 100 uT a 10 uT), dal DPCM 8/7/2003 (GU n. 200/2003)”.

 

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