[Sinistrainrete] Michele Castaldo: Note di commento al documento di Assemblea militante

Scrivo queste note con qualche difficoltà perché si tratta di discutere di un documento, “Per un’opposizione di classe alla gestione autoritaria della pandemia”, prodotto dai compagni costituitisi in Assemblea militante.

 

 

Michele Castaldo: Note di commento al documento di Assemblea militante

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Note di commento al documento di Assemblea militante

di Michele Castaldo

159226Scrivo queste note con qualche difficoltà perché si tratta di discutere di un documento, Per un’opposizione di classe alla gestione autoritaria della pandemia, prodotto dai compagni costituitisi in Assemblea militante, un gruppo di compagni di vecchia data e per lo più di storica conoscenza, nei confronti dei quali c’è stima e affetto per un passato di comune militanza. Perché con qualche difficoltà, perché le questioni sono spinose e nel maneggiarle ci si punge. Tralascio quello che non serve per focalizzare alcuni punti, la cui natura teorica ha immediati risvolti politici, come i compagni correttamente indicano fin dal titolo del testo in questione.

Va innanzitutto detto che lo spirito del documento è tutto improntato a un intervento politico sul problema, dunque a non subire passivamente le iniziative dei vari poteri economici, scientifici, politici, culturali e governativi su una questione storica molto complessa. Dunque la critica – se tale è – deve tener conto dell’intento, che volge verso un’azione contro l’insieme dell’impalcatura di potere che da questa pandemia si è costruita.

Inutile nascondersi dietro un dito, bisogna avere nervi saldi e mantenere un necessario equilibrio per evitare le esagerazioni che renderebbero vano lo sforzo che si vuole profondere.

Scrivono i compagni: « Tutti questi morti, e sono la stragrande maggioranza, non hanno niente a che vedere con la diffusione del virus, ma con la strategia di “contrasto” (per non dire di aggravamento) messa in atto dal governo e dai suoi “esperti” selezionati. Si è trattato di una vera e propria strage di Stato di cui forse nessuno renderà mai conto, realizzata proprio in nome della difesa della salute pubblica ».

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Dante Barontini – Guido Salerno Aletta: Venti anni di euro. Chi ci ha guadagnato?

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Venti anni di euro. Chi ci ha guadagnato?

di Dante Barontini – Guido Salerno Aletta*

venti euro guadagnatoA sentir parlare di debito pubblico, il lettore medio cattolico si fa la croce pensando al terrore che gli ispirano i Cottarelli e i Draghi di turno.

Quelli che si sentono “di sinistra” ma non fanno lo sforzo di concepire la società e le classi come un insieme organico, percorso da una feroce lotta di classe, si limitano a far spallucce considerandolo un falso problema oppure una “scusa” con cui i governanti di turno fottono i cittadini, i lavoratori, ecc.

Il che ha un suo fondo di verità, ma solo se si guarda alla superficie del problema.

Sentir parlare di moneta, di tassi di interesse, ecc, per di più in relazione al debito pubblico, provoca reazioni di fuga ancora più rapide. Eppure tutta la gestione politica dell’economia – nazionale o continentale che sia, visto che l’Unione Europea scrive ormai la parte essenziale della legislazione macroeconomica e fiscale dei singoli paesi – passa inevitabilmente per il debito pubblico e la moneta.

Il solo fatto di non averne più una propria, e condividere invece quella “comunitaria” (che è ben diverso da “comune”), ha prodotto una lunga seria di problemi che hanno un riflesso immediato sulla vita quotidiana di tutti noi. Soprattutto per quelli che di moneta in tasca ne hanno poca.

Su questi punti la destra italica, espressione fondamentalmente di una borghesia piccola e media – con scarsa o nulla proiezione internazionale e persino nazionale (a carattere locale, insomma) – ha battuto per anni. Facendo infine identificare la critica dell’euro come “causa” dei molti peggioramenti avvenuti nella condizione di quella classe smandrappata.

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Fabrizio Marchi: Lo stato neoliberale, neoliberista, autoritario

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Lo stato neoliberale, neoliberista, autoritario

di Fabrizio Marchi

Questa mattina a Coffee break, sulla 7, lo psicologo nonché intellettuale da salotto in servizio permanente effettivo, Paolo Crepet (altro “trombone di stato”, proprio come il suo omologo Umberto Galimberti), sostenendo pedissequamente le misure del governo in tema di obbligo vaccinale e attaccando violentemente le persone non vaccinate paragonandole di fatto a degli untori, ha detto più o meno testualmente: “Penso a mia figlia se avesse contratto l’HIV da qualcuno come mi sarei sentito, come avrei reagito…”.

Siamo al delirio. Questo “trombone” non si rende neanche conto di quello che ha detto. Se avesse fatto una simile dichiarazione al tempo in cui l’AIDS imperversava sarebbe stato accusato – giustamente, in questo caso – di razzismo, sessismo e omofobia.

Nessuno, fortunatamente (tranne i soliti scemi), ha mai pensato di togliere i diritti alle persone sieropositive, nessuno ha mai pensato di impedirgli di lavorare, di sospendergli lo stipendio. Si è fatto appello al loro senso di responsabilità, soprattutto per ciò che riguardava la loro vita relazionale e sessuale, ma non gli sono stati tolti i diritti (e ci mancherebbe altro…), non gli è stato impedito di accedere al lavoro o in un locale pubblico.

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Riccardo Beschi: Don’t look up e il volto irrazionale del capitalismo

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Don’t look up e il volto irrazionale del capitalismo

di Riccardo Beschi

In questi giorni sta spopolando, sulla piattaforma online Netflix, Don’t Look up, film di denuncia che vuole sensibilizzare lo spettatore sulla tematica ambientale. Il film si sviluppa grazie all’escamotage narrativo di una cometa che sta per colpire la terra e, grazie ad una comicità cinica e tagliente (e tristemente veritiera), viene messo a nudo e descritto con disarmante precisione l’approccio del sistema capitalista su questioni che riguardano la collettività. In particolar modo viene descritta l’irrazionalità con cui evidenze scientifiche e necessità collettive vengono messe in secondo piano rispetto agli interessi particolari di settori politici ed economici. In sostanza, volendo porre luce sull’emergenza ambientale, viene involontariamente descritto il modello generale di gestione capitalistica, in cui gli interessi della collettività in ogni campo sono subordinati agli interessi particolari delle classi dominanti, cioè alla necessità di fare profitto ad ogni costo.

Questo tipo di gestione è globale e riguarda a 360 gradi la nostra società e va dal cosa, al come e al quanto viene prodotto fino ad arrivare a cose più assurde come le guerre necessarie per assicurare nuovi mercati alle imprese dei vari blocchi imperialisti.

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Nil Malyguine: Kazakistan in fiamme: Russia e CSTO mobilitati contro il terrorismo

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Kazakistan in fiamme: Russia e CSTO mobilitati contro il terrorismo

di Nil Malyguine

Il 2 dicembre, dopo l’annuncio da parte del governo di un aumento del prezzo del gas, in Kazakistan è scoppiata una protesta di massa. La tensione ha continuato a salire, portando il 4 gennaio all’abolizione dell’impopolare misura sul gas e alle dimissioni del governo. Tuttavia, anziché placarsi, proprio in quel momento le proteste si sono trasformate in una vera e propria ribellione violenta. Nelle principali città del paese sono comparse bande armate e ben organizzate, che hanno preso di mira le strutture del potere ingaggiando battaglia con le forze dell’ordine, quasi ovunque costrette alla ritirata. La mattina del 5 gennaio è diventato chiaro che non si trattava più di una semplice protesta antigovernativa, ma di un tentativo di colpo di stato, accuratamente pianificato con un vasto dispiegamento di mezzi e risorse.

Preso atto della situazione, il presidente della Repubblica del Kazakistan Kassym Jomart Tokayev ha ufficialmente richiesto l’aiuto del Trattato per la Sicurezza Collettiva (CSTO), patto che oltre allo stesso Kazakistan unisce Russia, Bielorussia, Armenia, Tadjikistan e Kirghizistan in un’alleanza militare difensiva.

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Leonardo Mazzei: Punto di svolta

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Punto di svolta

di Leonardo Mazzei

La criminale offensiva del governo Draghi continua. Più il fallimento della strategia vaccinale è manifesto, più si insiste con la ricerca del capro espiatorio, dunque con la caccia ai non vaccinati. Adesso toccherà alla platea degli ultracinquantenni. Oltre 27 milioni di persone, una parte delle quali (circa 7 milioni) verrà sottoposta – come già avvenuto con sanitari, lavoratori della scuola e forze dell’ordine – al ricatto della sospensione dal lavoro e della perdita del reddito.

Il decreto approvato ieri sera segna in tutti sensi un punto di svolta. Il salto quantitativo della spinta all’obbligo è evidente, confermando ancora una volta il disegno autoritario del blocco dominante. Al tempo stesso, però, questo blocco comincia a presentarsi meno compatto del solito. Incrinature sono apparse tanto nel campo dei “tecnici” (si pensi alle dichiarazioni di uno come Crisanti, che ha parlato di “follia incostituzionale”), quanto nella maggioranza politica che sostiene Draghi. Per ora queste incrinature non hanno frenato l’azione del governo, al massimo l’hanno solo resa più confusa. Ma diamo tempo al tempo e forse ne vedremo delle belle.

Il fatto è che queste prime crepe dipendono da tre fattori, strettamente connessi tra loro.

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Matteo Bortolon: Gli artigli dell’alta finanza sul cambiamento climatico

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Gli artigli dell’alta finanza sul cambiamento climatico

di Matteo Bortolon

Come l’oligarchia conta di strumentalizzare il tema per mantenere potere e privilegi

A differenza di alcuni anni fa, alcune delle più blasonate istituzioni di potere sembrano essersi convertite all’ambientalismo. Per capire il perché ed evitare le spiegazioni più irragionevoli e superficiali occorre affondare la lama nello strato sottostante: quello degli interessi dominanti.

Prima di tutto va osservato che da svariati anni il cambiamento climatico è stato indicato da rapporti, documentati, gruppi ecologisti e le maggiori istituzioni hanno fatto orecchio da mercante, accontentandosi di qualche piccolo tocco cosmetico completamente irrilevante. Negli ultimi anni si sono accumulate avvisaglie temibili sulle relative ricadute, e dalle fonti più impensate.

L’amministrazione Trump a novembre 2018 pubblicò il gigantesco Fourth National Climate Assessment, un rapporto di 1500 pagine che prefigura delle ricadute importanti per gli USA. Si tratta di una pubblicazione che riassume un programma di ricerca direttamente condotto dal governo federale, il quale prevede che il paese stia già subendo le conseguenze del cambiamento climatico in termini di maggiori disastri naturali, e tutto ciò avrebbe un peggioramento significativo e crescente.

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Diego Ortolani Delfino: Cile, tra paura e speranza

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Cile, tra paura e speranza

di Diego Ortolani Delfino

Cile“Oggi in Cile la speranza ha vinto sulla paura”, ha detto la sera di domenica 19 dicembre Gabriel Boric nel suo primo discorso da presidente eletto, davanti a una gigantesca moltitudine di circa 500mila persone che riempiva l’Alameda, dal palco montato per l’occasione fino a Piazza Dignità, così ribattezzata dal popolo a partire dalla ribellione dell’ottobre 2019, a dieci isolati da lì. Si lasciava alle spalle, segnato anch’esso dalla paura, quasi un mese di campagna elettorale per il ballottaggio contro l’ultadestrista José Antonio Kast, una figura politica caratterizzata dalla rivendicazione di pinochetismo, neoliberalismo, xenofobia, patriarcato e omofobia: il Bolsonaro cileno.

Figlio di un militare nazista, Kast aveva riunito per la sua candidatura al secondo turno tutte le destre, dalla più reazionaria fino alle sedicenti “moderna”, liberale o “sociale”, che non hanno esitato, avendo perso il proprio candidato al primo turno, a cadere tra le sue braccia praticamente senza condizioni, di fronte alla minaccia “del comunismo” che secondo lui rappresentava Boric. Kast aveva fatto campagna elettorale, fin dall’inizio, agitando questo spauracchio e tutti i soliti atavismi reazionari, oltre a sventolare la bandiera della “libertà”, nome che danno all’anarcocapitalismo fondamentalista di mercato che invocano le nuove ultradestre, in questa nostra era di crisi permanente e impazzita dell’accumulazione del capitale.

Per questa contesa finale, come era logico, Kast ha cercato di trasmettere la “moderazione” e lo spostamento verso il “centro” tipici dei ballottaggi delle democrazie neoliberali occidentali (e in generale, di tutto il loro sistema politico in un qualsiasi momento dei loro rituali sempre più vuoti, fino all’irruzione ora di queste novità).

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Roberto Artoni: Debito-Pil, il nodo irrisolto

sbilanciamoci

Debito-Pil, il nodo irrisolto

di Roberto Artoni

Il peggiorare del rapporto tra debito pubblico e Pil dipende più dalla bassa crescita che dai saldi di spesa. Serve un quadro europeo per la gestione del debito che eviti attacchi speculativi e lasci spazio a politiche espansive

grattacielo.1020x680Sembra esistere un grande consenso sulla necessità di procedere ad una profonda revisione delle regole europee di bilancio, ancora in vigore anche se temporaneamente sospese. Richiamando i termini essenziali, le regole europee prevedono che l’obiettivo di un rapporto fra debito pubblico e prodotto interno, posto al 60%, debba e possa essere raggiunto limitando l’indebitamento annuale al 3%, perseguendo il pareggio del bilancio strutturale (stimato sulla base del prodotto potenziale al netto del ciclo di ogni paese) e vincolando la crescita della spesa pubblica, opportunamente definita, alla crescita del prodotto potenziale.

La pandemia ha reso inapplicabili, al di là di quanto già non lo fossero, queste regole: nel 2020, due anni fa, 10 paesi registravano disavanzi superiori al 3% e 14 superavano la soglia canonica del rapporto debito prodotto. In questo quadro, anche per effetto di una forte caduta dei livelli di attività in tutti i paesi, è stata attivata la clausola generale di salvaguardia, che ha consentito la sospensione dei vincoli di bilancio pubblico nel 2021. La sospensione è stata prorogata per il 2022, anche se sono rimaste in vigore le procedure per la valutazione dei disavanzi successivi. Il problema dell’adozione di nuove regole o del ripristino di quelle vecchie si pone dunque per il 2023.

Il sistema di regole vigenti è giudicato eccessivamente complesso, per il progressivo accumularsi di norme e di eccezioni, e poco trasparente, per il ricorso a stime di grandezze non osservabili e difficilmente quantificabili come il prodotto potenziale. Ne derivano, come da tempo sottolineato, elementi di arbitrarietà nei processi decisionali dell’Unione.

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Carlo Formenti: Cuba al bivio

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Cuba al bivio

Un libro a più voci sulla crisi cubana

di Carlo Formenti

gettyimages 1233929294Cuba 11J. Protestas, respuestas, desafíos, curato da Julio Carranza Valdés, Manuel Monereo Pérez e Francisco Lopez Segrera ed editato dalla ELAG (Escuela de Estudios Latinoamericanos y Globales) e dalla rivista argentina Pagina 12 è un libro (uscito nel dicembre scorso) che prende spunto dalle manifestazioni di protesta che si sono svolte in alcuni quartieri dell’Avana e in altre città cubane l’estate scorsa, per analizzare le difficoltà che il Paese socialista caraibico si trova a fronteggiare a causa della crisi pandemica e del concomitante inasprimento del bloqueo imposto dall’amministrazione degli Stati Uniti (voluto da Donald Trump e confermato dal neopresidente democratico Joe Biden). Il libro si articola in 16 capitoletti firmati da altrettanti autori (economisti, sociologi, politologi ed esponenti di altre discipline) ed è dedicato ad uno di essi, il sociologo e storico della Rivoluzione cubana Juan Valdés Paz, venuto a mancare lo scorso ottobre. In appendice il testo di un discorso tenuto dal Presidente Miguel Diaz Canel il 18 luglio 2021 e alcune interviste a intellettuali ed artisti, nonché a giovani studenti che hanno partecipato alle proteste.

I punti di vista espressi dagli autori nei sedici testi raccolti nel volume sono articolati e differenziati, per cui è praticamente impossibile riassumere il contenuto del libro. Ho quindi deciso di non stendere un banale elenco delle varie posizioni, bensì di concentrare l’attenzione sui sei contributi che mi sono parsi più stimolanti, raggruppando i temi che vi sono trattati in tre aree: (1) ricostruzione degli adempimenti del regime nei primi trent’anni di vita e delle cause che, a partire dagli anni Novanta, rischiano di metterli a rischio; e valutazione di quali riforme economiche (2) e politiche (3) potrebbero consentire di superare la crisi.

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Ai partiti comunisti, alle forze e alle esperienze comuniste italiane

intellettuale collettivo

Ai partiti comunisti, alle forze e alle esperienze comuniste italiane

Care compagne e cari compagni,

vi scriviamo in quanto firmatari dell’Appello “Ora l’unità. Per il Partito Comunista in Italia”.

Questo Appello lo abbiamo lanciato, sostenuto, promosso; a questo Appello abbiamo convintamente aderito.

Dalla sua interezza, vogliamo enucleare alcuni passaggi essenziali.

Primo:

Gli USA, la NATO ed il fronte imperialista mondiale ad essi subordinato stanno, giorno dopo giorno, pericolosamente aumentando la loro spinta alla guerra.

Gli USA “sentono” il proprio declino storico e contemporaneamente assistono alla grande crescita economica e politica, anche sul piano internazionale, della Repubblica Popolare Cinese, vissuta, con timore, come cardine del fronte antimperialista mondiale in progress.

La stessa Russia di Putin, agli occhi degli USA e della NATO, appare ormai come un avversario politicamente indomabile. Da piegare con l’attacco militare.

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Fabrizio Verde: Kazakistan, il cuore del ‘Triangolo Geopolitico’ nel mirino della destabilizzazione occidentale

lantidiplomatico

Kazakistan, il cuore del ‘Triangolo Geopolitico’ nel mirino della destabilizzazione occidentale

di Fabrizio Verde

In seguito della richiesta del presidente Tokayev i paesi componenti l’Organizzazione del trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) hanno inviato un contingente di pace che sarà guidato dalla Russia. I paesi si sono mossi in maniera molto celere affinché il Kazakistan non sprofondasse in un caos irrecuperabile.

In Kazakistan le proteste sono infatti partite contro l’aumento delle tariffe del gas, in particolare il GPL utilizzato per alimentare le automobili, ma ben presto hanno preso tutt’altra direzione con rivendicazioni squisitamente politiche rivolte a far collassare il paese e allontanarlo dalla sua collocazione attuale. Una Maidan ucraina in salsa kazaka.

Uno scenario ovviamente auspicato dall’occidente che così avrebbe potuto completare il suo accerchiamento alla Russia che condivide una frontiera di oltre 7 mila chilometri con il Kazakistan e piazzare un elemento di instabilità tra Mosca e Pechino.

Il Kazakistan, inoltre, è un paese centrale a livello geostrategico e geopolitico. Il paese è infatti al centro del ‘Triangolo geopolitico Caucaso-Asia centrale-Asia meridionale’, dunque nel bel mezzo del terreno di scontro nella lotta per ‘egemonia tra Oriente e Occidente.

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I Diavoli: C’è sempre una chance

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C’è sempre una chance

di I Diavoli

Il quarto capitolo della serie culto del duo Whachowski conferma la loro incredibile capacità di trafiggere il presente e immaginare altri futuri. Benvenuti nell’inquietante neo-allegoria di “Matrix Resurrections”, benvenuti nell’odierno presente in cui il capitale ha riconfigurato la sua matrice estrattiva. Bentornati al bivio della scelta tra soccombere o ri(n)sorgere

Sono passati sessant’anni dalla Guerra delle Macchine che si era conclusa con una pace rivelatasi una semplice tregua, anticamera di nuovi conflitti. Adesso Matrix si è rigenerata e ha elaborato inedite e più sofisticate strategie per ricominciare a sfruttare il genere umano. Mentre i vecchi sopravvissuti hanno riorganizzato – e affinato – una forma di resistenza perlopiù passiva, un manipolo di giovani leve con il mito di Neo, Trinity e Morpheus rinfocola lo scontro aperto. Ma quando entrambe le generazioni intravedono lo spiraglio per una nuova e universale riscossa, il fronte si ricompatta. Il fine è sempre lo stesso: la liberazione. Il mezzo anche: trovare l’Eletto, convincersi che esista.

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Sara Gandini: Due anni senza cambiare nulla

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Due anni senza cambiare nulla

di Sara Gandini

L’Italia si conferma un paese autoritario e paternalista, un paese che non sa scommettere sul dialogo e la fiducia con i cittadini. Imporsi in modo così prepotente è l’ennesimo segno che manca coraggio e una visione di lungo periodo.

A due anni dalla pandemia siamo ancora qui. È chiaro che manca la volontà di ripensare il sistema sanitario per ridurre davvero la mortalità, come ha spiegato Horton (direttore di The Lancet) parlando di sindemia già nel 2020.

Che senso ha imporre l’obbligo avendo una percentuale così alta di persone vaccinate tra quelli che corrono più rischi di malattia grave e avendo una variante estremamente contagiosa ma meno letale come la omicron?

L’efficacia dei vaccini rispetto alla malattia grave e la morte, nelle persone che corrono più rischi, è ampiamente confermata anche da questo New England (una delle riviste mediche più importanti in assoluto) che non a caso ha indagato la terza dose solo per i soggetti oltre i 50 anni e le persone che non hanno avuto il covid-19 precedentemente (1).

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David Monticelli: Full metal jacket e l’operazione Covid

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Full Metal Jacket e l’operazione Covid

di David Monticelli

Il film Full Metal Jacket è letterale e metaforico al tempo stesso: letterale perché descrive un campo di addestramento dei marines in preparazione del loro invio in Vietnam e i metodi attraverso cui le identità dei giovani militari vengono represse e umiliate fino all’obbiettivo ultimo del loro sradicamento per ottenere l’ubbidienza che l’esercito necessita in guerra; metaforico perché ci parla degli analoghi meccanismi che i detentori del potere nelle società umane da sempre (o almeno da qualche secolo) cercano di esercitare nei confronti dei popoli.

Nel drammatico periodo storico che stiamo vivendo, iniziato nel marzo 2020, in cui i popoli e in particolare quello italiano stanno subendo un’aggressione capillare e pervasiva alle proprie vite e ai propri diritti attraverso il tentativo di instaurazione di un neo-totalitarismo basato sull’emergenzialismo, il messaggio di Full Metal Jacket è estremamente attuale. Il terrore su scala globale, innescato da quella che possiamo definire una vera e propria Operazione Covid, (cioè la strumentalizzazione biopolitica del virus Sars-Cov-2), fornisce la giustificazione per aprire la strada al Grande Reset, un pianificato sconvolgimento economico, politico e sociale che punta all’impoverimento di milioni di lavoratori e delle loro famiglie tentando di possedere pressoché letteralmente le loro menti e i loro corpi.

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