Rassegna del 27/03/2023
Gaspare Nevola: Democrazia, parola fatata. In festa tra Presa della Bastiglia e Crollo del Muro
Democrazia, parola fatata. In festa tra Presa della Bastiglia e Crollo del Muro
Polittico, con stella e convitato di pietra
di Gaspare Nevola
«Non pensate quello che io so che state pensando… Io lo so che state pensando…
Se vi ho adunato qua, c’è una ragione..
Eh… la democrazia… La democrazia…
Questa parola, questa parola fatata…
Questa parola di luce… questa parola alluminta…
Questo lampadario di parola
Che il mondo dice…
Uomini con tanto di barba che parlano di questa democrazia…
Cos’è? Eh… Cos’è questa democrazia?
Questa democrazia, dice…
No… non è vero… Sì… dice…
Eh, io capisco… voi adesso dite, adesso tu perché sei… e noi siamo… sai
Eh no, cari amici»
(Peppino de Filippo, I casi sono due. Scena: “La democrazia”. Autore: Armando Curcio. Portata in teatro da Peppino de Filippo dal 1945. Edizione televisiva del 1959)
PANNELLO I
Il 1989 e il “crollo” del Muro di Berlino sono simboli del nostro tempo. Simboli di una trasformazione del mondo e di una modernità politica incerta e disorientata. Il 1989 e il “crollo del Muro” sono eventi che, invero, si inscrivono in un lungo processo storico e nei suoi effetti, i quali hanno disegnato il mondo in cui viviamo. Sebbene la cultura politica dominante fatichi tutt’ora a coglierne significato e portata politica, con le debite proporzioni il 1989 richiama un’altra data simbolica che solitamente ci viene alla mente quando pensiamo alla politica nelle società moderne-contemporanee: una data giusto di due secoli più vecchia, il 1789 della Rivoluzione francese e della travagliata nascita della “democrazia dei moderni” –-quella rivoluzione alla luce della quale (nel bene e nel male) definiamo le democrazie contemporanee come “liberal-democrazie costituzionali rappresentative di massa”.
Alessandro Pascale: MATERIALISMO STORICO E MATERIALISMO DIALETTICO
MATERIALISMO STORICO E MATERIALISMO DIALETTICO
di Alessandro Pascale
Il testo che segue è la relazione tenuta dal sottoscritto Alessandro Pascale, responsabile nazionale Formazione del Partito Comunista, nell’ambito della scuola popolare di formazione politica Antonio Gramsci. La presentazione è stata fatta a Milano il 3 marzo 2023 presso i locali della cooperativa La Liberazione di Milano. È disponibile la registrazione video caricata sulla pagina youtube del Partito Comunista Milano (@pcmilano).1
La lotta di classe non si gioca su ricette prestabilite, né su sentieri tracciati una volta e per sempre. Bisogna però sapere, per dirla con le parole del filosofo Georges Politzer, che la lotta di classe comprende:
«a) una lotta economica; b) una lotta politica; c) una lotta ideologica.
Occorre quindi che il problema sia posto simultaneamente in questi tre campi. […] Sarà quindi colui che riuscirà a lottare su tutti questi terreni che fornirà la guida migliore al movimento. È così che un marxista comprende il problema della lotta di classe».
Tutti i grandi maestri del socialismo sono stati anche filosofi. Non stupisce insomma che tuttora gli Stati borghesi non la lascino insegnare solo nei licei, in ossequio al modello gentiliano per cui la filosofia debba essere studiata solo dai futuri gruppi dirigenti borghesi, mentre invece alle classi lavoratrici basta una spolverata di teologia. Alla borghesia serve un popolo di analfabeti disfunzionali, non certo un esercito di lavoratori coscienti dei propri diritti e della propria condizione di lavoratori salariati soggetti ad un ordine padronale. Nel controllo ideologico delle masse sta una delle armi più potenti dell’egemonia culturale dell’imperialismo, che passa dalla conquista degli intellettuali. Di qui la necessità di tornare a studiare la filosofia.
LA NECESSITÀ DI TORNARE A STUDIARE LA FILOSOFIA
«Come la filosofia trova nel proletariato le sue armi materiali, così il proletariato trova nella filosofia le sue armi intellettuali […]. L’emancipazione pratica […] non è possibile se non nell’ambito di quella teoria che proclama l’uomo la più alta essenza dell’uomo.
Piccole Note: Xi da Putin, la guerra in Iraq e il summit africano a Mosca
Xi da Putin, la guerra in Iraq e il summit africano a Mosca
di Piccole Note
L’arrivo di Xi Jinping a Mosca è la notizia del giorno, come indicano tanti media d’Occidente, che indulgono in analisi non particolarmente interessanti. Ci limitiamo a ribadire quanto scritto nella nota precedente, cioè che la visita inizia, non a caso, nel giorno anniversario dell’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti (e alleati), evento che ha segnato in maniera profonda la storia recente, dal momento che, al di là degli scopi della campagna militare, aveva un alto valore simbolico, quello di annunciare al mondo l’irrevocabilità dell’unilateralismo americano.
Iraq 20 marzo 2003: i neocon e il ruolo di Biden
Ma aveva anche obiettivi che riguardavano gli equilibri interni all’Impero, dal momento che portò a compimento il colpo di stato dei neoconservatori iniziato nel turbolento post 11 settembre.
Tutto il mondo, infatti, con quell’invasione, si accorse che George W. Bush, che pure era stato eletto per dar corpo a un “conservatorismo compassionevole”, era ormai un burattino nelle mani dei neoconservatori.
Federico Fioranelli: Fallimenti bancari e politiche restrittive: riflessi sugli Usa e sull’Europa
Fallimenti bancari e politiche restrittive: riflessi sugli Usa e sull’Europa
di Federico Fioranelli*
La scorsa settimana, negli Stati Uniti, si è innescata una pericolosa tempesta che ha provocato in pochissimo tempo il fallimento di tre istituti bancari, vale a dire Silvergate Capital, Silicon Valley Bank e Signature Bank.
Se le chiusure della Silvergate Capital e della Signature Bank, banche specializzate in criptovalute, possono essere considerate, non senza alcuna ragione, dei casi circoscritti legati alla continua tendenza al ribasso del mercato delle monete virtuali e al collasso di Ftx, il fallimento della Svb è invece il risultato della corsa degli investitori e dei correntisti a vendere i propri titoli bancari e a ritirare i propri soldi dai conti correnti.
Da dove nascono tempeste finanziarie come queste, che possono poi facilmente diventare uragani?
All’origine vi è sicuramente la politica monetaria restrittiva della Federal Reserve. Infatti, gli aumenti dei tassi di interesse hanno creato forti problemi di credito alle imprese e, di conseguenza, alle banche, soprattutto quelle, come Silicon Valley Bank, molto esposte con piccole e medie imprese. Le banche, per evitare crisi di liquidità e di fiducia da parte di investitori e correntisti, sono così costrette a vendere le obbligazioni che hanno in pancia.
Roberto Iannuzzi: Ucraina, ecco perché il ‘piano di pace’ cinese spaventa Washington
Ucraina, ecco perché il ‘piano di pace’ cinese spaventa Washington
di Roberto Iannuzzi*
Le dichiarazioni di questi giorni del presidente cinese Xi Jinping e del suo ministro degli esteri Qin Gang, riguardo al “contenimento” e all’“accerchiamento” di cui la Cina sarebbe vittima per mano dell’Occidente guidato dagli Usa, lasciano presagire un preoccupante deterioramento nei rapporti fra le due superpotenze mondiali. Un deterioramento che, sommandosi allo scontro fra Nato e Russia che ha il suo epicentro in Ucraina, favorisce la convergenza fra Mosca e Pechino.
Immediatamente bocciato dal presidente americano Joe Biden, che lo ha discutibilmente definito come “non razionale”, il cosiddetto “piano di pace” sull’Ucraina presentato da Pechino (in realtà un documento programmatico che esprime la posizione cinese sul conflitto) sembra già appartenere al passato. Ancora una volta, tuttavia, siamo di fronte a un serio problema di interpretazione da parte della stampa occidentale.
Così come essa ha sottovalutato le summenzionate dichiarazioni di Xi Jinping e del suo ministro (le quali segnalano un cambio di tono epocale, la presa d’atto da parte di Pechino che gli Usa non accettano una convivenza con la Cina su una base di parità e mutuo rispetto), analogamente ha mal compreso, e sminuito, il documento programmatico sull’Ucraina.
Noi non abbiamo patria: Sul fallimento delle banche: altro che fine della storia!
Sul fallimento delle banche: altro che fine della storia!
di Noi non abbiamo patria
La moneta non figlia valore
Rosa Luxemburg
Sono tempi complicati per chi si sforza di sostenere l’eternità del modo di produzione capitalistico, descritto come il migliore dei mondi possibili. Soprattutto per l’Occidente che, ci piaccia o no, è stato il fulcro del movimento storico e unitario dell’accumulazione mondiale combinato, seppure diseguale.
Dalla California alla Svizzera importanti e solidi istituti bancari falliscono, oppure con i conti in rosso si tenta disperatamente di salvare.
Si dice che i due eventi tra loro non hanno nulla in comune, che le vicende della Silicon Valley Bank, Silvergate Bank e di fondi di investimento californiani a questi collegati e la crisi della Credit Suisse (che non è solo il secondo istituto bancario Svizzero, ma anche uno dei più importanti centri di deposito finanziari per gli investimenti di capitale in Europa) abbiano in comune solo la coincidenza dei tempi.
Intanto, scrive il Sole 24 Ore che “la serenità non si compra. Tantomeno la fiducia. Così non bastano i 300 miliardi di dollari iniettati dalla Federal Reserve nelle banche statunitensi, sommati ai 200 miliardi di liquidità arrivati sull’economia a stelle e strisce dal Conto di disponibilità del Tesoro Usa, sommati ai 50 miliardi di franchi iniettati dalla Banca centrale svizzera al Credit Suisse per ripristinare la fiducia sui mercati. Non bastano. E neppure le parole rassicuranti del presidente Biden…“. [https://www.ilsole24ore.com/art/i-tre-motivi-cui-300-miliardi-fed-non-bastano-calmare-borse-AEk0cE6C]
Enrico Grazzini: Per fermare le speculazioni, le banche in crisi vanno nazionalizzate
Per fermare le speculazioni, le banche in crisi vanno nazionalizzate
di Enrico Grazzini
Le continue crisi bancarie e finanziarie occidentali sono causate della privatizzazione del sistema bancario e della sua tendenza alla speculazione e al profitto. Le banche dovrebbero essere nazionalizzate in caso di crisi
Perché il crollo delle banche? Le banche fanno finanza e speculano con i soldi dei risparmiatori. Per superare la crisi occorre nazionalizzare le banche in crisi e separare nettamente il credito dalla finanza.
Di fronte alla semplice ma fondamentale domanda sul perché in Occidente scoppiano continue gravi crisi bancarie e finanziarie che mettono in pericolo tutto il sistema economico capitalista, la risposta è una sola: perché il sistema bancario è ormai del tutto privatizzato e punta solo al profitto e alla speculazione. Nei cosiddetti trenta Gloriosi, dal 1945 al 1975, il sistema bancario europeo e italiano era sostanzialmente pubblico e a direzione pubblica, e le crisi bancarie si contavano sulle dita di una mano ed erano limitate e circoscritte. Non scoppiavano continue e sempre più gravi crisi sistemiche. Le banche facevano credito alle industrie nazionali. Il risparmio nazionale serviva allo sviluppo del Paese e la fuga dei capitali speculativi era proibita. Anche nei paesi anglosassoni con sistema bancario completamente privato le banche erano regolamentate come servizio pubblico: era loro impedito di entrare nel mercato finanziario. In Europa il credito – in gran parte pubblico – ha reso possibile la ricostruzione post-bellica e il miracolo economico italiano e tedesco. Lo sviluppo economico europea di allora cresceva con tassi di aumento pari a quelli cinesi. In Italia le principali banche nazionali – Comit, Credito Italiano e Banca di Roma – erano pubbliche e facevano capo all’IRI. Il credito nei Trenta Gloriosi del dopoguerra, con tutti i suoi difetti e gli scandali, era orientato allo sviluppo della produzione nazionale nell’interesse nazionale. E con la produzione cresceva l’occupazione e il benessere.
Andrew Korbyko: Nuova guerra fredda e futuro delle relazioni internazionali
Nuova guerra fredda e futuro delle relazioni internazionali
Intervista all’analista Andrew Korbyko
Andrew Korybko è un analista geopolitico tra i più prolifici e seguiti per chi cerca di approfondire il nuovo mondo multipolare e le sue complesse diramazioni. Le sue analisi, spesso tradotte su l’AntiDiplomatico, sono un punto di partenza essenziale per comprendere i movimenti tellurici in atto a livello di relazioni internazionali.
Korybko collabora con diverse testate internazionali e riviste scientifiche. E’ autore di due importanti saggi sulle guerre ibride: “Hybrid Wars: The Indirect Adaptive Approach to Regime Change” e “The Law of Hybrid War: Eastern Hemisphere”.
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L’operazione speciale russa in Ucraina, come annunciato nelle prime fasi dal ministro degli esteri russo Lavrov, sancisce l’inizio di una nuova era nelle relazioni internazionali. Se dovesse scegliere una definizione, Lei quale sceglierebbe per descrivere questa nuova fase?
La transizione sistemica globale verso quello che definisco il multipolarismo complesso (“multiplexity”) precede di gran lunga l’inizio dell’operazione speciale della Russia lo scorso anno, ma questo evento ha dato un’accelerata senza precedenti. Nei 13 mesi trascorsi dal suo inizio, è ormai chiaro che le relazioni internazionali sono sull’orlo di una tripartizione: l’Occidente guidato dagli Stati Uniti, l’Intesa sino-russa e il Sud del mondo de facto guidato dall’India. Il primo vuole mantenere l’unipolarità, il secondo la multipolarità, mentre il terzo mira ad avere un ruolo di equilibrio.
redazione di “Cumpanis”: “Guerra e Rivoluzione”: “Cumpanis” presenta ad Ancona il libro di Carlo Formenti. La cronaca del Convegno
“Guerra e Rivoluzione”: “Cumpanis” presenta ad Ancona il libro di Carlo Formenti. La cronaca del Convegno
a cura della redazione di “Cumpanis”
Venerdì 17 marzo u.s.: “Cumpanis” organizza ad Ancona, presso la sede della USB, la presentazione pubblica del libro di Carlo Formenti, “Guerra e Rivoluzione”. Alle 17,30 giungono in sala i militanti di “Cumpanis”, di “No guerra No Nato”, alcuni militanti e dirigenti del PCI e dell’Unità Sindacale di Base di Ancona.
Ad aprire il convegno e presentare i relatori (Marco Pondrelli, direttore di “Marx21” e lo stesso Autore del libro, il sociologo e saggista Carlo Formenti) è la professoressa Laura Baldelli, della redazione nazionale di “Cumpanis”. Laura mette immediatamente in luce il perno concettuale, l’essenza filosofica dell’opera di Formenti: l’antidogmatismo, l’antipositivismo con i quali l’Autore di “Guerra e Rivoluzione” punta a rilanciare il pensiero rivoluzionario di Marx. “Formenti ricorda a tutti noi – afferma Laura Baldelli – come il marxismo non sia un sistema di pensiero ossificato collocabile nell’archivio della storia della filosofia, non sia una disciplina accademica come tante altre, ma sia, innanzitutto, uno strumento, uno strumento centrale, della lotta di classe, una straordinaria ‘cassetta degli attrezzi’ di estrema utilità per analizzare, di volta in volta, fase capitalistica per fase capitalistica, fase sociale per fase sociale, la situazione concreta e per lottare contro il nemico di classe del movimento operaio complessivo”.
Andrea Muni: “In gioco, nel reale”. Piccola farsa di teatro filosofico in quattro atti
“In gioco, nel reale”. Piccola farsa di teatro filosofico in quattro atti
di Andrea Muni
In noi si danno momenti d’eccesso, che mettono in gioco il fondamento stesso della nostra vita; è inevitabile che noi si giunga all’eccesso nel quale abbiamo la forza di mettere in gioco quel che ci fonda. Se negassimo tali momenti, disconosceremmo ciò che siamo. […] Il momento della filosofia prolunga il momento del lavoro e del divieto. […] Incapace com’ è di interrompere questo movimento, la filosofia si oppone allora alla trasgressione. Se, dal piano del lavoro e del divieto (che si accordano e si completano) la filosofia volesse davvero passare al piano della trasgressione, essa non sarebbe più ciò che è, ma la derisione di se stessa. La trasgressione, nei confronti del lavoro, ha l’aspetto di un gioco. Nel mondo del gioco la filosofia si dissolve in niente.
(Bataille, L’erotismo)
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Circo Barnum
Il reale non è per essere conosciuto, ma subìto, inflitto. Giocato. Nel reale, nel gioco, si entra senza accorgersene.
Pasquale Cicalese: Il rifiuto saudita a Credit Suisse e la vera posta in gioco
Il rifiuto saudita a Credit Suisse e la vera posta in gioco
di Pasquale Cicalese
Lo vado scrivendo da giorni, bisogna capire i sauditi.
Il rifiuto saudita di intervenire a sostegno del Credit Suisse, per il quale i mercati crollano oggi, costituisce, come dice l’amico Sergio Calzolari, “un salto di qualità nello scontro globale, una mossa di una potenza unica, superiore alle Torri Gemelli.
I sauditi dicono: avete voluto sequestrare le riserve valutarie russe, ora noi ci costruiamo da noi il forziere e abbandoniamo le piazze finanziarie occidentali. A questo punto, se gli americani non portano a piu’ miti consigli i sauditi, lo scontro si accelera. Questo perché l’evento di oggi avviene a pochi giorni dall’intesa Iran Sauditi con mediazione cinese, e la presa di Bakhmut da parte russa. Non sappiamo come gli anglosassoni reagiranno, certo hanno perso.
Non si sa se reagiscono in maniera ragionevole o irragionevole. Probabile la seconda, tra Neocon, Protestanti, cattolici neocon e circoli massonici anglosassoni, tutti convinti di essere dalla parte del “bene”, la reazione potrebbe essere furiosa”.
coniarerivolta: Arriva la MIA, mortacci tua
Arriva la MIA, mortacci tua
di coniarerivolta
Ci eravamo lasciati, alla fine dello scorso anno, con una legge di bilancio che mutilava il reddito di cittadinanza per il 2023 e disponeva il suo definitivo abbandono a partire dal 2024, promettendo una nuova forma di sostegno al reddito per le famiglie in difficoltà.
Le premesse a questa nuova misura non lasciavano ben sperare. Durante tutta la scorsa legislatura, i partiti che compongono il governo Meloni non avevano risparmiato le critiche al reddito di cittadinanza. Anche la Lega che pure, per opportunismo, aveva votato a favore dell’istituzione del RdC quando Salvini era vicepresidente del Consiglio nel primo governo Conte, ha successivamente ripudiato tale misura.
Siamo così arrivati a marzo ed ecco la proposta del governo: la MIA (Misura d’Inclusione Attiva), destinata a sostituire il RdC. Ma di cosa si tratta? È presto detto: la MIA è un surrogato di RdC, un surrogato che depotenzia in maniera decisiva quanto di buono c’era in quest’ultimo, calcando la mano sulla criminalizzazione della povertà e sposando in pieno la visione di quell’ampia parte di padronato che ha sempre visto il RdC come fumo negli occhi.
Renato Caputo: Tattica e strategia della lotta antimperialista
Tattica e strategia della lotta antimperialista
di Renato Caputo
Se da un punto di vista tattico sono necessarie le più ampie alleanze per contrastare la guerra imperialista, dal punto di vista strategico resta decisivo mantenere sempre la necessaria critica, dinanzi alle proprie forze sociali di riferimento, dei principali limiti dei momentanei o anche duraturi alleati
Per fare fronte alle potenze imperialiste è necessaria la ricostruzione dell’unità del movimento comunista internazionale, l’unico che sarà in grado di rovesciare la guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria, attraverso la costituente di una Quinta internazionale. Tale processo dovrà procedere di pari passo con la ricostruzione di un partito unico dei comunisti sul piano nazionale. A questo fine sarà necessario lanciare un movimento per la costituente comunista che punti a superare le molteplici organizzazioni in cui il partito comunista, nel senso che davano al termine Marx ed Engels, si è frantumato e che rischiano di costituire più un problema che un’opportunità a tale scopo.
Antonio Martone: La piega interna della democrazia
La piega interna della democrazia
Il caso Assange*
di Antonio Martone
Introduzione
È del tutto ovvio ribadire che, in democrazia, uno dei diritti principali dei cittadini sia la libertà di espressione. Tale diritto, peraltro, è sancito dalle costituzioni e dunque sembrerebbe inutile discuterne. È altrettanto ovvio che, nella libertà di espressione, rientri a pieno titolo il diritto di pubblicare notizie di interesse comune. Quando accade che, come nel caso delle inchieste e dei processi che si sono accaniti contro il giornalista australiano Julian Assange, tutto ciò è patentemente violato, non c’è dubbio che vada denunciato senza indugio.
La contraddizione espressa dai sistemi politici euro-americani quanto al caso Assange, tuttavia, non si può liquidare facilmente come una violazione, pur clamorosa, delle regole libertarie di cui questi stessi sistemi si fanno sostenitori. In realtà, occorre analizzare a fondo le disavventure capitate ad Assange e ai giornalisti di WikiLeaks, di cui peraltro non abbiamo ancora visto l’epilogo, analizzandole dal punto di vista filosofico-politico. In altre parole, credo sia estremamente importante, ed anche urgente, interrogare questa triste vicenda, chiedendoci anzitutto come mai sia potuto accadere un “caso Assange” nel cuore delle liberal-democrazie contemporanee. Insomma, quali sono i motivi per i quali sistemi di potere che si autodefiniscono “democratici”, e che garantiscono la libertà di espressione a partire già dalle carte costituzionali, si ostinano nel perseguitare un giornalista che ha pubblicato notizie capaci di far luce – con documenti inoppugnabili, verificati e mai smentiti – non sull’attività di privati ma sull’azione di uno Stato o quelle di persone che incarnano le Istituzioni.
Ugo Bardi: Burioni ha ragione. Purtroppo per lui
Burioni ha ragione. Purtroppo per lui
di Ugo Bardi
Il tweet di Roberto Burioni riportato qui accanto è andato virale su molti social, dove è stato commentato con insulti e accidenti all’autore (C’è un altro tweet molto simile attribuito a Burioni che gira sul Web. Sembra che entrambi siano autentici, anche se non ne possiamo essere sicuri al 100%. In ogni caso, sono in linea con il pensiero e il modo di fare del personaggio e non sono stati smentiti). La reazione del pubblico è comprensibile di fronte a un’affermazione che contrasta così platealmente con la linea che Burioni e altri avevano sostenuto fino ad ora, ovvero “fidatevi della scienza, sappiamo noi cosa fare.” Invece, questo tweet è una discreta zappata sui piedi (o lesione ad altre parti delicate del corpo) per tutti i televirologi che hanno imperversato negli ultimi 3 anni.
Burioni si trova in evidente difficoltà, costretto in difesa, cercando di giustificare i suoi molteplici errori e contraddizioni. Normalmente, lui usa la tecnica del “blastaggio,” consapevole di generare una forte reazione negativa. La mette in conto: è un modo di far passare un certo messaggio generando polemiche. Ma è una tattica che si può usare soltanto in attacco, non in difesa.
Il tweet si limita a dire esplicitamente una cosa che è ben nota a tutti quelli che lavorano nel campo della ricerca, anche se risulta sorprendente per il pubblico in generale. Non c’è quasi nessun controllo sulla validità dei dati e dei risultati pubblicati su una rivista scientifica, anche fra quelle di “alto livello.” Vi passo, più sotto, una discussione sull’argomento da parte di “Birbo Luddynski.” Scusate il linguaggio scatologico, ma la sua descrizione di come funziona la scienza è valida, perlomeno nel complesso.
Fabrizio Verde: La Lunga Marcia della Cina in America Latina
La Lunga Marcia della Cina in America Latina
di Fabrizio Verde
Se vi è un posto nel mondo dove il declino dell’egemonia statunitense è più evidente, questo è senza dubbio l’America Latina. Una regione funestata in passato dall’interventismo di Washington.
Basti pensare a come è cambiato lo scenario rispetto agli anni ’70 del secolo scorso: nel 2023 ricorre mezzo secolo dal colpo di Stato in Uruguay (27 giugno 1973) e dal golpe fascista di Augusto Pinochet e dall’assassinio di Salvador Allende in Cile (11 settembre dello stesso anno). Un periodo in cui il ‘Cono Sur’ si riempì di governi militari, sotto il ferreo controllo degli Stati Uniti.
Ma questo 8 dicembre ricorre anche il 40° anniversario del ritorno della democrazia in Argentina nel 1983, che segna il momento in cui la regione ha iniziato a scrollarsi di dosso questo pesante fardello e a lasciarsi alle spalle il passato oscuro e sanguinoso imposto da Washington.
Da allora, in tutti i Paesi latinoamericani si sono succeduti governi democratici di segno diverso: quelli del ritorno alla democrazia negli anni ’80, quelli dell’era neoliberale negli anni ’90, i governi progressisti dell’inizio di questo secolo, seguiti, per un periodo più breve, da governi neoliberali, che vengono sostituiti, ancora una volta e a velocità diverse, in una dinamica che segna un progressivo allontanamento dai dettami statunitensi. Mentre attualmente la nuova ondata socialista e progressista cerca una nuova integrazione regionale su basi cooperative e solidaristiche, capace di allontanare le mire di controllo statunitensi.
Enrico Tomaselli: Come l’occidente ha provocato la guerra in Ucraina
“Come l’occidente ha provocato la guerra in Ucraina”
di Enrico Tomaselli
Un agile pamphlet che ci ricorda quali sono state le vere cause della guerra in Ucraina, e le responsabilità dell’occidente
Ho appena finito di leggere questo agile pamphlet (Benjamin Abelow, “Come l’occidente ha provocato la guerra in Ucraina”, Fazi Editore), che giustamente Noam Chomsky auspica sia letto da un gran numero di persone.
Come scrive l’autore nella pagina finale, ci troviamo in “una situazione a cui si sarebbe potuti arrivare solo con un grado di stupidità e di cecità da parte del governo americano e, tra i leader europei, con un livello di deferenza e di codardia tali da essere quasi inconcepibili”. E proprio tale situazione, tale stupidità, cecità, deferenza e codardia delle leadership occidentali, rendono necessaria la circolazione di questo genere di informazioni. Stavo effettivamente per scrivere “controinformazione” ma il termine mi è subito sembrato inadeguato, anzi controproducente; perché in qualche modo implica che si contrapponga ad un’altra informazione, mentre qui la contrapposizione è con la più completa e spudorata disinformazione, con una propaganda talmente sfacciata che avrebbe fatto impallidire Goebbels.
Annibale Tommasi: Il crac della Silicon Valley Bank e i cannoni della Fed contro le zanzare
Il crac della Silicon Valley Bank e i cannoni della Fed contro le zanzare
di Annibale Tommasi
Venerdì 10 marzo la FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation) – ovvero l’agenzia governativa statunitense che dovrebbe vigilare sul sistema delle banche statali e tutelare I depositi dei correntisti – ha commissariato e chiuso la Silicon Valley Bank (SVB), la sedicesima banca degli Stati Uniti per dimensioni.
La chiusura é arrivata dopo un’emorragia di depositi di 42 miliardi di dollari, una vera e propria “corsa agli sportelli” che ha inflitto il colpo di grazia a un modello di gestione bancaria più che disinvolto (per usare un eufemismo).
I motivi tecnici del crac SVB sono diversi e forse non così interessanti per il lettore profano della finanza: un portafoglio obbligazionario eccessivamente pesante e sbilanciato, una gestione del rischio inesistente, carenze in termini di regolamentazione e vigilanza. Quel che conta é che il fallimento ha innescato la tempestiva ed energica risposta delle istituzioni USA nel corso del fine settimana, orientata a scongiurare lo spettro del contagio e della crisi finanziaria generalizzata.
Redazione: “L’ultima guerra contro l’Europa”, di Gianandrea Gaiani
“L’ultima guerra contro l’Europa”, di Gianandrea Gaiani
di Redazione
È stato presentato a Rimini il 25 febbraio, presso la sede dell’editore Il Cerchio, il nuovo libro del direttore di Analisi Difesa, Gianandrea Gaiani, intitolato “L’Ultima guerra contro l’Europa. Come e perché fra Russia, Ucraina e NATO le vittime designate siamo noi”.
La guerra in Ucraina sta modificando radicalmente gli assetti e gli equilibri del Vecchio Continente. L’Ucraina è devastata dal conflitto e comunque vada sul campo di battaglia la Russia ne uscirà indebolita mentre l’Europa perderà il suo primato economico e ha cessato di esistere come soggetto geopolitico con aspirazioni di autonomia strategica, relegata al ruolo di vassallo sempre più debole degli Stati Uniti.
In attesa di sviluppi militari o diplomatici che definiscano il possibile esito del conflitto tra russi e ucraini, è già possibile ipotizzare chi siano gli sconfitti e i vincitori nella guerra iniziata nel 2014 ma allargatasi a uno scontro convenzionale su vasta scala a partire dal 24 febbraio 2022.
Sergio Cesaratto: Le conseguenze sociali dell’economia di guerra in Europa
Le conseguenze sociali dell’economia di guerra in Europa
di Sergio Cesaratto
Il realismo politico offre utili chiavi di lettura all’economia politica internazionale, mai come oggi messa a repentaglio dall’escalation in Ucraina. L’UE e l’Italia rischiano di essere i vasi di coccio nell’inaudita crisi economica che si profila
Con un certo orgoglio ricordo di aver per alcuni anni accennato, nell’ambito dei miei corsi di economia, al realismo politico nelle relazioni internazionali e nella International Political Economy. L’ho fatto in contesti accademici in cui prevaleva (e prevale) un europeismo acritico basato sul pensiero liberale, per cui il mondo si divide in buoni e cattivi. Il libro che adottavo (Sorensen 2008), edito dalla Bocconi, aveva alcune pagine dedicate all’allargamento della Nato ad Est presentando, doverosamente, le tesi opposte. Veniva in particolare citata un’importante lettera indirizzata nel 1997 al Presidente Clinton da parte di 50 eminenti personalità che si opponevano a tale allargamento (McCgwire 1998). Da quegli anni i segnali della crescente aggressività occidentale e della montante rabbia russa sono evidenti.
Domenico De Simone: Che succede al Credit Suisse?
Che succede al Credit Suisse?
di Domenico De Simone
All’improvviso, il diluvio. Beh all’improvviso secondo i media nostrani, e per nostrani intendo tutti quelli dell’occidente a partire da quelli italiani che tra i ciechi sono quelli più ciechi di tutti. Nel senso che il “terzo occhio” non ce l’hanno mai avuto e i due di cui ci dota madre natura si sono spenti da tempo. Insomma, chi aveva occhi per vedere e orecchie per sentire sapeva già da tempo che prima o poi sarebbe successo il disastro. Ma non certo per quelle diatribe da quattro soldi sui nomi degli evasori americani che avevano nascosto i soldi in Svizzera, e nemmeno per la ventata di “trasparenza” (si fa per dire) che aveva preso il governo svizzero alle prese con accuse di avere un sistema bancario complice degli evasori, dei terroristi, dei riciclatori, eccetera eccetera.
Certo, anche questo ha contato, contribuendo a ridurre il livello dei depositi e degli scambi che ha da oltre un secolo fatto la fortuna del paese dei Quattro Cantoni. Anche se il colpo peggiore alla Svizzera è arrivato dalle criptovalute che hanno assorbito buona parte delle transazioni inconfessabili garantendo un discreto livello di sicurezza e di anonimato.