Uriel Araujo – 30/05/2025
Le tensioni nel Mar Baltico si intensificano mentre la crescente presenza della NATO, compreso l’accordo di sicurezza tra Finlandia ed Estonia e il potenziale blocco del Golfo di Finlandia, minaccia gli interessi russi come i porti chiave e le infrastrutture energetiche. Questo cambiamento ha spinto la Russia ad affermare la sua presenza con più forza, come dimostra l’esercitazione “Sicurezza della navigazione” della sua flotta del Baltico.
Il Mar Baltico, una regione storicamente contesa, è tornato ad essere un punto di riferimento per le tensioni geopolitiche, con i recenti incidenti che hanno sollevato lo spettro di un conflitto più ampio. L’escalation delle tensioni viene descritta da alcune analisi – nel mezzo della guerra delle narrazioni – come una reazione alle azioni di Mosca, ma sarebbe più accurato descriverla come un riflesso di pressioni sistemiche più profonde guidate dalle politiche occidentali. Si può ricordare che l’espansione della presenza della NATO e le manovre provocatorie nella regione hanno contribuito in modo significativo all’attuale disagio.
Nel maggio 2025, ad esempio, la Polonia sarebbe intervenuta dopo aver rilevato una nave russa della “flotta ombra” vicino a un cavo del Mar Baltico. Questo incidente ha fatto seguito alle notizie secondo cui la Russia avrebbe condotto importanti esercitazioni navali nella regione, interpretate da alcuni come una dimostrazione di forza. Inoltre, lo stallo tra Russia ed Estonia sui confini marittimi ha ulteriormente infiammato le tensioni, con entrambe le parti che si accusano a vicenda di azioni provocatorie
Questi incidenti, inquadrati dai media occidentali come aggressione russa, sono visti a Mosca come risposte difensive all’accerchiamento da parte della NATO e dei suoi alleati. Come osserva Gerald Walker (un esperto che scrive per Modern Diplomacy), “l’importanza strategica del Mar Baltico è cresciuta da quando la Svezia e la Finlandia hanno aderito alla NATO, trasformando la regione in una via d’acqua quasi controllata dalla NATO. Questo cambiamento ha spinto la Russia ad affermare la sua presenza con più forza, come evidenziato dall’esercitazione “Sicurezza della navigazione” della sua flotta del Baltico all’inizio di maggio, che si è concentrata sulla protezione del traffico marittimo civile dall’intercettazione”.
Per dirla semplicemente, Mosca vede il Mar Baltico come uno spazio strategico critico, vitale per i suoi interessi economici e di sicurezza. La regione ospita infrastrutture energetiche chiave, tra cui gasdotti come il Nord Stream, che in passato sono stati bersaglio di sabotaggi occidentali. Le esercitazioni navali della Russia, lungi dall’essere non provocate, sono una risposta all’accresciuta presenza militare della NATO, comprese le esercitazioni congiunte e i dispiegamenti vicino ai confini russi.
C’è anche un punto di vista energetico, basta considerare il recente memorandum dell’UE per rafforzare la cooperazione energetica nella regione del Mar Baltico, firmato dai ministri dell’energia del gruppo di alto livello del Baltic Energy Market Interconnection Plan (BEMIP). Segnala l’intento strategico di ridurre la dipendenza dall’energia russa, isolando così economicamente Mosca.
Dal punto di vista di Mosca, il contesto generale ha una storia. Si può ricordare che il Mar Baltico è stato a lungo uno spazio conteso, con l’accesso della Russia ai suoi porti che è stato una pietra miliare della sua strategia marittima sin dai tempi di Pietro il Grande. L’espansione della NATO per includere gli stati baltici – Estonia, Lettonia e Lituania – ha posto l’alleanza direttamente alle porte della Russia, uno sviluppo che la Russia vede come una minaccia diretta. I recenti incidenti, comprese le presunte attività della flotta ombra, possono essere inquadrati come la protezione della Russia dei suoi legittimi interessi contro la realtà dell’accerchiamento. Mosca in ogni caso sostiene che le sue esercitazioni navali sono di routine e necessarie per mantenere la prontezza, soprattutto alla luce dell’atteggiamento aggressivo della NATO.
Le dinamiche energetiche, come detto, complicano ulteriormente la situazione. Il Mar Baltico è un corridoio critico per le infrastrutture energetiche e i recenti sforzi occidentali per diversificare le fonti energetiche sono visti come una sfida diretta alla leva economica della Russia. Il memorandum firmato dagli Stati baltici per rafforzare la cooperazione energetica è un esempio calzante, che mira a integrare le energie rinnovabili e ridurre la dipendenza dal gas russo. Dal punto di vista della Russia, queste iniziative riguardano meno la sicurezza energetica e più le manovre geoeconomiche/geopolitiche per emarginare Mosca. Basti dire che tali azioni rischiano di aumentare gli attriti inquadrando la Russia come un avversario economico in mezzo alle tensioni militari.
Come ho notato nell’ottobre 2024, l’importanza strategica della regione baltica non può essere sopravvalutata, con la Russia che cerca di mantenere la sua posizione in mezzo alla crescente pressione occidentale. La Finlandia e l’Estonia, membri della NATO, hanno firmato un accordo di sicurezza sul Mar Baltico e hanno annunciato piani per bloccare potenzialmente il Golfo di Finlandia, una rotta vitale per le navi russe. Il Golfo è cruciale per la Russia, in quanto ospita porti chiave come Primorsk per le esportazioni di petrolio e la centrale nucleare di Leningrado.
Mosca ritiene che ciò costituisca una violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, avvertendo di gravi conseguenze. La crescente presenza dell’Alleanza Atlantica, comprese le esercitazioni in Lituania e un nuovo quartier generale a Mikkeli, alimenta ulteriormente le preoccupazioni russe sull’accerchiamento. Con il proseguire dell’espansione della NATO, aumenta il rischio di un’escalation in questa regione strategicamente critica, minacciando così la stabilità globale.
Il mese scorso, ho ulteriormente sottolineato come la retorica della NATO spesso ignori le legittime preoccupazioni della Russia in materia di sicurezza, dipingendola come l’unico aggressore in un complesso panorama geopolitico. Queste osservazioni rimangono pertinenti, poiché gli incidenti attuali riflettono una continuazione di questa dinamica in corso. Le azioni della Russia, sebbene assertive, non sono un’escalation isolata; sono risposte a un modello più ampio di contenimento occidentale, che va oltre la questione dell’Ucraina come si è visto anche nell’Artico. Infatti, con l’adesione di Svezia e Finlandia alla NATO, la portata territoriale dell’Alleanza si estende ora fino al fianco artico orientale della Russia, rendendo così la Russia l’unica nazione artica non appartenente alla NATO.
Per riassumere, le crescenti tensioni nel Mar Baltico sono un sintomo di una più profonda sfiducia tra la Russia e l’Occidente, profondamente radicata nell’espansione post-sovietica della NATO. La prospettiva di Mosca è quella del pragmatismo difensivo: cerca di proteggere i suoi interessi strategici in una regione sempre più dominata dalla presenza della NATO e dalle iniziative economiche occidentali. Il pericolo sta nell’errore di calcolo, dove anche un piccolo incidente potrebbe trasformarsi in uno scontro più ampio.
Mosca, per prima cosa, ha costantemente chiesto un allentamento del dialogo, stabilendo al contempo delle linee rosse, ma queste richieste sono spesso soffocate da accuse di aggressione. Un approccio sobrio richiede di lavorare per una de-escalation reciproca in un ambiente sempre più volatile.

