“Fondazione San Raffaele si tinge di rosso”

Rosso spinto per  la  voragine di  debiti  che  supera  abbondantemente  il miliardo  di  euro. Ci sarebbe  da spararsi.

Fondazione  San Raffaele si tinge  di  rosso.

Ora che anche Unicredit  chiude il  rubinetto la  Santa  Sede spera  in  Dio.

Rosso spinto per  la  voragine di  debiti  che  supera  abbondantemente  il miliardo  di  euro. Ci sarebbe  da spararsi. Mario  Cal l’ha  fatto, suicida  con  un  colpo  di  rivoltella. Dopo la  morte della holding  di Don  Verzè  si  toglie la  vita  anche   il  braccio  destro del manager  di  Dio.

Per  salvare  Don Luigi Verzè e  la  Fondazione  San  Raffaele  del  Monte  Tabor son  scesi in  campo persino la banca  del  Vaticano (I.O.R.) e  sua  Eminenza Santissima (il Papa).  Non con la  solita  benedizione papale urbi et  orbi, ma  mettendo  mano  al  portafogli. Si  perché  la  situazione  è  davvero  disperata (così  dicono  i  Paul Marcincus della  situazione).  Come trapela  dalle ultime  indiscrezioni a  margine  dell’ultimo  consiglio di Amministrazione  della  Fondazione  San  Raffaele  tenuto  il  15  luglio  2011 (due  giorni  fa). Le  cifre  snocciolate  nel  corso  del  Conclave parlano  chiaro (vedi “Memorandum per  il  Consiglio di  Amministrazione”  qui allegato  e riprodotto:

–         indebitamento  totale  al 30  aprile  2011 1.047  milioni  di  euro (più lo  scaduto post aprile);

–         584  milioni  di  euro il  debito  verso  fornitori (70  milioni  relativi  a debiti intercompany);

–         220 milioni  di  euro i  debiti  verso le  banche;

–         243 milioni   le  passività iscritte nei  conti  d’ordine  (168  milioni di  euro debiti  per  leasing  prevalentemente   immobiliari e  75  milioni  di euro di  debiti verso  società di  factoring).

Sia la  situazione  patrimoniale che l’indebitamento  non lasciano  scampo alcuno. I  decreti  ingiutivi  stanno  piovendo  a raffica (un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, tra l’altro, è stato concesso da un giudice della sezione fallimentare). L’impero  di  Don  Verzè somiglia  sempre  più alla  statua  di  un  gigante (con piedi  di argilla)  che  si sta sgretolando. Ci  sa  tanto che le vie  del  signore  son  finite. In un  estremo  tentativo  di  riportare  in  bonis i conti  della holding  gli  strateghi finanziari assoldati dalla  Santa  Sede (Bain & Company, Borghesi Colombo & Associati, Deloitte Financial Advisory Services) le stanno  studiando proprio tutte. Ci  sarebbe  l’ipotesi  di ricorrere  alla  cd  Legge  Marzano.  La  Fondazione  avrebbe tutti i requisiti  dimensionali   per  essere  ammessa  alla  Procedura (ha  più  di 500  dipendenti  e più di  300  milioni di  euro  di  debiti). Tra  le  tante  ci  sarebbe  anche  l’ipotesi  che  la  Santa  Sede  possa finanziare direttamente la  Fondazione di  Don  Verzè   nonché  altre alternative che  prevedono la societarizzazione di  tutte le  attività  ospedaliere (in tal ipotesi addio per  sempre alla  Fondazione). All’uopo  verrebbe  costituita  nel  breve  periodo una  NEWCO (società  di  nuova  costituzione)  con  uno  statuto che  dovrebbe  più  o  meno  ricalcare il  seguente oggetto  sociale: “ … la  società  ha  per  oggetto l’esercizio della  medicina e  dell’assistenza secondo  lo  spirito e  la  prassi del  comando  evangelico “guarire  gli  infermi” (Matteo 10:8) ispirando  e favorendo tutte  le  iniziative, ecclesiastiche e laiche , per  un  moderno  rilancio  del concetto  cristiano  di  assistenza, al  fine  anche  di svolgere una  funzione  di stimolo  e  contributo sperimentale  alla innovazione  e  modernizzazione del  sistema  scientifico-didattico e  assistenziale, per  la  tutela  e  il  rilancio  del concetto  cristiano  di persona. A  tal  fine  la  soecietà  realizzerà  e gestirà – in  Italia  e  all’estero – direttamente  o  indirettamente strutture  ospedaliere, atenei  specializzati per medicina  e  scienze  umane, centri  per lo studio  e  la  ricerca  scientifica, poli  convenzionati anche  con  le  università , finalizzati  allo  svolgimento delle  attività  di insegnamento, ricerca  chimico-biologica ed  assistenza  sanitaria ad alto  livello, in  collaborazione e  per  la  promozione  di  strutture anche  pubbliche di  particolare  rilevanza…”.

Forse  anche  qui c’è lo  zampino di padre  Luigino.  Sembra  quasi un  umile  ritorno alle  origini (gira  che  ti  rigira si  torna sempre  in  seno  a madre  chiesa).  Ricorda vagamente il ritorno del  figliol  prodigo. Quel figlio maldestro   che si  allontanò dal  padre,  si  sparò tutti  i  quattrini  e tornò  solo  quando  povero in  canna. E  il  padre lo perdonò.

Chissà  se  qualcuno gliel’ha  detto a Don Verzè: Ego te absolvo a peccatis tuis in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti.  AMEN.

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Fondazione San Raffaele del   MONTE TABOR – MEMORANDUM –  Consiglio di Amministrazione del 15 luglio 2011 RISERVATO

Di seguito si rappresentano alcune considerazioni in merito alla situazione patrimoniale e finanziaria della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor (di seguito la “Fondazione”), nonché alle possibili modalità di intervento della Santa Sede (di seguito I’ ‘Investitore”) nell’ambito della sua ristrutturazione. 1. Situazione patrimoniale e indebitamento. La situazione patrimoniale della Fondazione presenta un livello di indebitamento elevato. Al 30 aprile 2011 i coefficienti PFN (rettificata)1 / PN2 e PFN (rettificata) / EBITDA3 risultavano rispettivamente pari a 26.2x e 28.4x. Si riportano di seguito i principali dati relativi all’indebitamento: indebitamento totale al 30 aprile 2011 pari ad Euro 1.047 milioni, di cui: a) iscritti a bilancio ca. Euro 804 milioni. 1) Euro 584 milioni vs fornitori (di cui ca. Euro 70 milioni relativi a debiti intercompany), incluse le fatture da ricevere; 2) Euro 220 milioni vs istituti finanziari.; b) iscritti nei conti d’ordine Euro 243 milioni, di cui: 1) Euro 168 milioni di debiti per leasing (quasi interamente immobiliari); 2) Euro 75 milioni vs società di factoring per crediti ceduti con riferimento al debito vs fornitori, includendo i debiti intercompany, al 30 aprile 2011 l’esposizione è suddivisa come segue: a) circa 154 milioni di  Euro  a scadere; b) circa Euro 430 milioni scaduti, di cui Euro 150 milioni (26% del debito complessivo) scaduti da oltre 1 anno e Euro 117 milioni (20% del debito complessivo) scaduti da oltre 6 mesi.

Situazione finanziaria e necessità di cassa a breve termine La situazione finanziaria della Fondazione è particolarmente critica. Al 1° luglio 2010  vi sono fidi bancari disponibili per ca. Euro 2 milioni. 1 PFN (rettificata) è pari all’indebitamento complessivo al netto del debito verso fornitori a scadere e del debito verso società di factoring, ossia ca. Euro 818 milioni. 2 PN al 31/03/2011 pari ad Euro 31.2 milioni. 3 EBITDA al 31/12/2010 pari ad Euro 28.8 milioni. I fabbisogni di cassa previsti entro la fine del mese di luglio-settembre sono stimati in Euro 55 milioni, mentre per il periodo ottobre-dicembre si prevede un fabbisogno di ulteriori Euro 65 milioni. Tali previsioni di cassa sono stimate ipotizzando di pagare le nuove forniture per cassa e di non pagare nessun debito difornitura scaduto. Le previsioni di cassa non includono alcun pagamento relativi ai decreti ingiuntivi notificati. Si segnala inoltre che da qualche giorno Unicredit non finanzia più i fornitori della Fondazione, i.e. non concede più anticipi su crediti verso la Fondazione. Pertanto, al fine di garantire la continuità della Fondazione nel breve periodo, è necessario erogare a Fondazione un ammontare di almeno Euro 125 milioni. Inoltre, per tamponare inizialmente la situazione critica verso i fornitori sono necessari ulteriori Euro 30-35 milioni per poter effettuare un pagamento parziale e indistinto a tutto il parco fornitori. Ciò permetterebbe di guadagnare almeno 6 mesi4 in modo da poter negoziare un accordo complessivo di riscadenziamento del debito di fornitura.

Deliberazioni del consiglio di amministrazione del 30 giugno 2011. Alla luce della situazione debitoria e delle necessità finanziarie sopra descritte, il consiglio di amministrazione della Fondazione del 30 giugno 2011 ha approvato il bilancio al 31 dicembre 2010 e la situazione patrimoniale straordinaria al 31 marzo 2011 utilizzando criteri di valutazione delle poste attive e passive parzialmente alternativi rispetto a quelli utilizzati per una azienda in normale fase di operatività e funzionamento, che sono apparsi comunque più adatti a fornire un’informazione corretta sulla peculiare situazione patrimoniale economica e finanziaria della Fondazione al 31.12.2010. In particolare, le attività e le passività relative al business core sono state valutate secondo criteri di continuità aziendale, mentre le attività non core, di cui nel piano industriale e finanziario sviluppato da Bain & Company e da Borghesi Colombo & Associati è prevista la cessione o la liquidazione, sono stati valutati a valori di presunto realizzo, cosa che ha comportato significative svalutazioni e rivalutazioni. Nell’allegato C si fornisce uno schema riassuntivo di quanto precede. Maggiori dettagli sono contenuti del report di analisi della situazione patrimoniale straordinaria al 31 marzo 2011, sviluppato da Deloitte Financial Advisory Services S.p.A. a supporto del consiglio di amministrazione della Fondazione. Il bilancio e la situazione patrimoniale al 31 marzo 2011 sono stati quindi redatti in coerenza con gli obiettivi e le finalità del piano industriale finanziario a supporto della ristrutturazione dell’indebitamento della Fondazione  (il “Piano”), grazie alla realizzazione del quale sarà possibile recuperare la continuità aziendale. Tale piano, allegato sub. D, presuppone la procedura del concordato preventivo. Nell’assunto che un fornitore che riceve un pagamento in acconto  non ha interesse ad agire nei confronti della Fondazione per ottenere altri pagamenti prima che siano trascorsi 6 mesi dal pagamento del’acconto  in quanto, in caso di successivo fallimento, anche il pagamento ricevuto sarebbe soggetto ad azione revocatoria.

Decreti ingiuntivi. 1. La Fondazione ha subito n. 8 decreti ingiuntivi per complessivi Euro 18.266.000 come da prospetto allegato sub E. Di tali decreti ingiuntivi: a) uno, ottenuto da Esaote per Euro 45 mila ca., è stato archiviato e risolto; b) due ottenuti da Banca IFIS per Euro 6.385.000 sono passati in giudicato in quanto non opposti. Per il primo dei due (Euro 826.000) è stato pagato il capitale. C)due (ottenuti dallo stesso creditore) per complessivi Euro 2 milioni sono stati emessi con la formula della provvisoria esecuzione. L’immediata provvisoria esecuzione è stata concessa in ragione del deterioramento della situazione della Fondazione (un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, tra l’altro, è stato concesso da un giudice della sezione fallimentare);  altri tre decreti per complessivi Euro 9,7 milioni circa sono stati concessi senza la provvisoria esecuzione; d) per tutti i decreti ingiuntivi indicati sub c)   la Fondazione ha dichiarato di aver proposto (o di stare per proporre prima della scadenza del termine)  tempestiva opposizione al fine di evitare che si formino giudicati. Si aggiunga che, secondo quanto comunicato dalla Fondazione, Farmafactor ha ricevuto incarico dalle case farmaceutiche che le hanno ceduto crediti vantati nei confronti della Fondazione di agire per il recupero (si tratterebbe di un importo complessivo di Euro 50 milioni circa). Infine, alla Fondazione è stato notificato da DEC spa un atto di citazione con il quale DEC spa chiede la condanna della Fondazione a restituire a DEC Euro 28,8 Mln che DEC (appaltatore di varie strutture ospedaliere della Fondazione) avrebbe immediatamente pagato alla Fondazione. Data la rilevanza economica della richiesta, occorre approfondirne la fondatezza. La prima udienza è fissata per il l°.12.2011.  2. In questa situazione: a) la Fondazione ha subito titoli esecutivi che consentono pignoramenti o ipoteche giudiziali per complessivi Euro 7.560.000. Ove tali titoli fossero posti in esecuzione si potrebbero creare disparità di trattamento tra i creditori; b) è ragionevole ritenere che entro l’autunno anche i decreti ingiuntivi opposti si tramuteranno in titoli esecutivi in quanto l’opposizione, da quello che ha riferito la Fondazione, è meramente formale e volta a procrastinare la creazione di un titolo esecutivo. Pertanto alla prima udienza nel giudizio di opposizione (verosimilmente in autunno) il creditore della Fondazione chiederà ed otterrà la provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto; c) la circostanza che la Fondazione stia subendo da ultimo decreti provvisoriamente esecutivi (di cui uno concesso da un giudice fallimentare) appare particolarmente preoccupante perché potrebbe consentire la presentazione di un’istanza di fallimento da parte della Procura della Repubblica ai sensi dell’art. 7 n. 2 I.f. Va comunque detto che la Fondazione ha i requisiti dimensionali per essere ammessa alla Procedura Marzano (più di 500 dipendenti e più di 300 milioni di debito) che consentirebbe l’immediata ammissione alla procedura su istanza della Fondazione al Ministero delle Attività Produttive ai sensi dell’art. 2 D.L. 23.12.2003, n. 347. La procedura Marzano è una forma di amministrazione straordinaria rivolta alle imprese di dimensioni molto grandi (Parmalat,  Alitalia). In alternativa al fallimento, la Marzano prevede la prosecuzione dell’attività di impresa con ristrutturazione del debito o con cessione dell’azienda. Nella Marzano la gestione dell’impresa passa a un commissario straordinario nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro dello Sviluppo Economico.

Istituti giuridici disponibili. 1. Gli strumenti offerti dall’ordinamento per superare situazioni di crisi o di insolvenza alternativi al fallimento o all’amministrazione straordinaria sono: a) il concordato preventivo ex art. 160 l.f.; b) l’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l.f.; c) il piano attestato ex art. 67 c. 3 lett. (d) l.f.. 2. In estrema sintesi: a) il concordato preventivo è una vera e propria procedura concorsuale sotto il controllo del Tribunale, che nomina un giudice delegato e uno o più commissari giudiziali. I creditori sono chiamati a votare la proposta fatta dal debitore sulla base di un piano di ristrutturazione; il voto favorevole della maggioranza dei creditori è vincolante anche per la minoranza. La procedura si chiude con un provvedimento di omologa da parte del Tribunale. Ai sensi dell’art. 236 I.f., al concordato preventivo si applica la disciplina relativa ai reati fallimentari (bancarotta, ecc.). La procedura ha una durata prevedibile di 6-8 mesi. b l’accordo di ristrutturazione dei debiti non è una procedura concorsuale, ma un accordo di natura privatistica che il debitore raggiunge con tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti. L’accordo ha ad oggetto le modalità di soddisfazione dei creditori aderenti attraverso un piano di ristrutturazione. L’accordo viene pubblicato nel registro delle imprese, contro di esso possono essere proposte opposizioni e, successivamente, è omologato dal tribunale. L’accordo deve prevedere il pagamento regolare (e cioè alla scadenza dei rispettivi crediti) dei creditori non aderenti (che possono rappresentare fino al 40% dei crediti). All’accordo ex 182 bis non si applica la disciplina dei reati fallimentari. Il tempo per pervenire all’omologa dell’accordo è di 2-3 mesi dalla sua pubblicazione (a tale tempistica va aggiunta quella necessaria per pervenire all’accordo: altri 2 mesi circa); c) il piano attestato ex art. 67 I.f. non è una procedura concorsuale ed è un piano di ristrutturazione dei debiti redatto unilateralmente dal debitore. Non necessariamente il piano deve essere accompagnato da accordi con i creditori e non è soggetto ad alcun controllo da parte del Tribunale. Al piano attestato non si applica la disciplina dei reati fallimentari. In tutti i casi sopra esaminati, il piano di ristrutturazione deve essere verificato e condiviso da un attestatone indipendente. 3. Gli strumenti sopra descritti si differenziano, inoltre, per i loro effetti nei confronti dei creditori: (a) dalla data di deposito della domanda di concordato preventivo i creditori anteriori a tale data non possono iniziare o proseguire azioni nei confronti del debitore volte al recupero del loro credito. Il blocco delle azioni è, quindi, conseguente ad un atto unilaterale del debitore e cioè il deposito della domanda di concordato; (b) in caso di accordi di ristrutturazione ex 182 bis, dalla data di pubblicazione dell’accordo e per 60 giorni i creditori anteriori (e quindi anche quelli che non hanno aderito all’accordo) non possono iniziare o proseguire nei confronti del debitore azioni volte al recupero dei crediti. Ciò significa che nel periodo di negoziazione dell’accordo il debitore è privo di protezione. Per questa ragione, circa un anno fa, è stata introdotta una norma che, attraverso un procedimento abbastanza macchinoso e che prevede l’intervento del Tribunale, consente l’anticipo del blocco delle azioni dei creditori per 60 giorni nel corso della negoziazione dell’accordo (art. 182 bis c. 6); (c) nel piano attestato ex art. 67 c. 3 lett. (d) I.f. non vi è nessun blocco delle azioni dei creditori, che sono pertanto liberi di agire nei confronti dei debitore. Con riferimento alla nuova finanza da parte di banche o di altri intermediari concessa “in funzione” della presentazione dell’accordo di ristrutturazione o del concordato preventivo (cd. “finanza ponte”), è stato recentemente introdotto l’art. 182 quater l.f., secondo il quale il finanziamento è prededucibile (e cioè viene rimborsato prima dei crediti anteriori al concordato o all’accordo) se la prededuzione è riconosciuta nel procedimento di ammissione al concordato ovvero se l’accordo ex 182 bis è omologato e se il finanziamento è previsto nel piano di ristrutturazione. Per finanziamento “in funzione” dell’accordo o del concordato si intende (secondo l’opinione prevalente) il finanziamento erogato prima della procedura o della pubblicazione dell’accordo e finalizzato a favorire l’accordo o il concordato (per lo più per consentire la prosecuzione dell’attività e non per pagare creditori precedenti). In caso di concordato preventivo, la prededuzione ai finanziamenti bancari può però essere concessa anche ai sensi dell’art. 111 c. 2 l.f. e l’autorizzazione all’ottenimento (e quindi all’erogazione) del finanziamento al quale si vuole attribuire carattere prededucibile è richiesta nella domanda di concordato E viene autorizzata nel decreto di ammissione. Pertanto, in caso di concordato, la prededuzione al finanziamento bancario è concessa al momento dell’ammissione alla procedura (15-20 giorni dal deposito della domanda), mentre in caso di accordo ex 182 bis solo al momento dell’omologa (e cioè dopo 2-3 mesi dalla pubblicazione dell’accordo). La prededuzione può essere concessa anche ai finanziamenti bancari concessi “in esecuzione” di un accordo o di un concordato purché siano previsti nel piano e purché l’accordo 182 o il concordato siano omologati. In caso di piano attestato ex art. 67 c. 3 lett. (d), il finanziamento bancario non è assistito da prededuzione. In conclusione: a) il concordato preventivo e l’accordo ex 182 bis richiedono l’intervento (più o meno incisivo a seconda dello strumento) del Tribunale e il voto favorevole della maggioranza dei creditori (concordato) o l’accordo con almeno il 60% dei creditori (accordo ex 182 bis); b) il piano attestato non coinvolge in alcun modo l’autorità giudiziaria; c) il concordato preventivo e l’accordo ex 182 bis, seppur in misura diversa, proteggono il debitore dalle aggressioni dei creditori, mentre il piano attestato non fornisce alcuna protezione; d) la nuova finanza concessa e erogata prima, durante o dopo un concordato o un accordo ex 182 bis omologato è “prededucibile” – seppure con modalità diverse – in caso di successivo fallimento. Nulla è previsto per il piano attestato; e) tutti i pagamenti effettuati in esecuzione di un piano attestato, di un accordo ex 182 bis o di un concordato sono esentati da revocatoria in caso di successivo fallimento (e quindi anche i rimborsi di finanziamenti bancari assistiti o meno da prededuzione); f) per pervenire ad un piano attestato il tempo richiesto è esclusivamente quello della sua redazione e asseverazione (prevedibilmente 1-2 mesi). Il concordato richiede per l’omologa un tempo di 6-8 mesi dal deposito della domanda e l’accordo di ristrutturazione un tempo di 2-3 mesi dalla sua pubblicazione (cui si somma il tempo per la sua negoziazione, stimabile in 2 mesi); g) il contenuto del piano attestato, dell’accordo di ristrutturazione e del piano di concordato può essere analogo e in qualche modo coincidere posto che le norme lasciano la massima flessibilità. Nulla vieta che in occasione della redazione di un piano attestato il debitore raggiunga accordi con i creditori circa le modalità di pagamento dei debiti sì da “validare” il contenuto del piano.

Modalità di intervento. L’intervento finanziario dell’Investitore nella Fondazione potrebbe essere strutturato secondo tre possibili modalità alternative: a) finanziamento diretto alla Fondazion. L’Investitore eroga un finanziamento subordinato e postergato (i.e. quasi equity) alla Fondazione, che mantiene la sua attuale modalità operativa, continuando a gestire direttamente le attività ospedaliere, sanitarie e di ricerca. Tale finanziamento, che potrebbe eventualmente essere suddiviso in più tranches, unitamente ai finanziamenti bancari e alle operazioni straordinarie previste a Piano, permette di riequilibrare la struttura finanziaria della Fondazione e di ripagare nel tempo i fornitori. Vantaggi: velocità di esecuzione del finanziamento dell’Investitore alla Fondazione; ompatibilità con i fabbisogni finanziari di brevissimo termine della Fondazione, con riferimento sia alle necessità operative sia alla situazione con i fornitori; prevedendo un intervento diretto dell’Investitore in Fondazione, secondo le modalità di seguito illustrate, presenta caratteristiche con cui offerte concorrenti, provenienti da società di capitali con fini di lucro, non sarebbero in grado di competere; la Fondazione continua la sua attività e se ne evita la liquidazione; la modalità di intervento potrebbe essere coerente con gli obiettivi e le caratteristiche dell’Investitore; Svantaggi: assunzione da parte dell’Investitore di potenziali rischi connessi a passività della Fondazione; mancata separazione, anche a livello societario delle attività core da quelle non core da dismettere;

Finanziamento diretto alla Fondazione e societarizzazione delle attività ospedaliere. L’Investitore eroga un finanziamento subordinato e postergato (i.e. quasi equity) alla Fondazione, di importo uguale a quello di cui al punto a) che precede, eventualmente suddiviso in più tranches, da utilizzarsi per fare fronte alle necessità finanziarie di breve termine della Fondazione medesima e per il pagamento di parte dei debiti verso fornitori scaduti. Successivamente, le attività sanitarie, ospedaliere e di ricerca vengono conferite in una società veicolo interamente controllata da Fondazione (“HSR“). HSR riceve i finanziamenti bancari ed esegue le operazioni straordinarie previste a piano. Una partecipazione fino al 49% del capitale di HSR potrebbe essere ceduta ad investitori istituzionali, ovvero oggetto di quotazione. Vantaggi: velocità di esecuzione del finanziamento dell’Investitore alla Fondazione;compatibilità con i fabbisogni finanziari di brevissimo termine della Fondazione, con riferimento sia alle necessità operative sia alla situazione con i fornitori; flessibilità nella strutturazione dei finanziamento alla Fondazione; possibilità di rimborso, almeno parziale, del finanziamento dell’Investitore, mediante cessione di una partecipazione di minoranza in HRS a investitori istituzionali, quotazione, ovvero ricorso a finanziamenti bancari (qualora ne sussistano le condiziono); possibilità di coinvolgimento di altri soci istituzionali in HSR e/o di quotazione della società; l’operazione, consentendo la prosecuzione della Fondazione in quanto soggetto gestore, anche indirettamente, di attività in ambito sanitario, è coerente con il quadro regolamentare sulle fondazioni e con lo statuto di Fondazione; prevedendo un intervento diretto dell’Investitore in Fondazione, secondo le modalità di seguito illustrate, presenta caratteristiche con cui offerte concorrenti, provenienti da società di capitali con fini di lucro, non sarebbero in grado di competere; rappresenta una modalità di intervento che potrebbe essere apprezzata dall’Investitore, il cui apporto finanziario sarebbe effettuato a livello di Fondazione, mentre eventuali contributi di equity da parte di soggetti terzi potrebbero essere effettuati in HSR; consente di ridurre e/o di modulare, attraverso la creazione dei due livelli di Fondazione e di HSR, l’apporto di risorse da parte dell’Investitore senza creare complessità a livello di governance. Svantaggi: assunzione da parte dell’Investitore di potenziali rischi connessi a passività della Fondazione; maggiore complessità dell’operazione, che, con riferimento al conferimento delle attività core in HSR, richiede tempi di implementazione di almeno 3-6 mesi.

Intervento diretto nella società in cui vengono conferite le attività sanitarie, ospedaliere e di ricerca attualmente facenti capo alla Fondazione (HSR). L’Investitore interviene in HSR, società in cui verranno conferite le attività core oggi attualmente facenti capo alla Fondazione, probabilmente mediante un aumento di capitale riservato. Tale apporto di equity, congiuntamente ai finanziamenti bancari ed all’esecuzione delle operazioni straordinarie previste a Piano, permette di riequilibrare la struttura finanziaria della Fondazione e di ripagare nel tempo i fornitori. Vantaggi: possibile  riduzione per l’Investitore dei potenziali rischi connessi  a  passività della Fondazione ante conferimento. HSR risponderà solo dei debiti che risultano dalle scritture contabili della Fondazione e ante conferimento potrà essere richiesto dalla Fondazione il certificato fiscale che attesti l’ammontare delle imposte scadute e non pagate di cui risponderà HSR; possibilità di coinvolgimento di altri soci istituzionali in HSR e/o di quotazione della società. Svantaggi: tempi di implementazione piuttosto lunghi: l’intervento dell’Investitore è contestuale al conferimento delle attività core in HSR, operazione il cui perfezionamento richiede almeno 3-6 mesi di tempo; necessità di trovare modalità alternative di finanziamento della Fondazione per far fronte ai fabbisogni finanziari di brevissimo termine, stimati in Euro 145 milioni; tale operazione, implicando la cessione da parte della Fondazione del controllo diretto o indiretto della propria attività core, comporta la liquidazione della Fondazione medesima, secondo modalità da individuare; minori possibilità per l’Investitore di avere rimborsato, anche parzialmente l’investimento effettuato (che, qualora si prevede l’apertura del capitale anche ad altri soggetti, deve essere effettuato in aumento di capitale); In tutti e tre i casi, l’intervento finanziario dell’Investitore è condizionato alla modifica dello Statuto della Fondazione, con particolare riferimento al potere di nomina del Consiglio di Amministrazione. Tutte e tre le ipotesi di cui sopra sono compatibili con ciascuno degli istituti giuridici illustrati nel par. 4 che precede (concordato preventivo ex art. 160 l.f., accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l.f. e il piano attestato ex art. 67 c. 3 lett. (d) l.f.). A tal fine occorre modificare l’art. 5 dello Statuto della Fondazione, che attualmente prevede che il Consiglio di Amministrazione della Fondazione sia composto da 7 membri nominati dal Consiglio di Amministrazione dell’Associazione Monte Tabor. Le modifiche dello Statuto sono disciplinate dall’art. 8 comma 3, secondo il quale sono deliberate dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione con “parere favorevole dell’assemblea dell’Associazione Monte Tabor”. L’art.9 dello statuto dell’Associazione Monte Tabor prevede che il parere favorevole debba essere espresso dalla maggioranza degli associati che rappresenti i due terzi degli associati dedicati (e cioè quelli che “dedicano la propria vita in tutti i suoi aspetti, spirituali ed operativi all’Ente”. Nel 1993, anno in cui l’associazione Monte Tabor aveva modificato lo statuto, gli associati erano 31. Non sono disponibili informazioni più aggiornate. Una volta deliberata la modifica statutaria, per divenire efficace necessita dell’approvazione del Prefetto, che deve essere espressa entro 120 giorni dalla richiesta (con la formula del silenzio rifiuto). Il termine può essere interrotto se il Prefetto chiede integrazioni o chiarimenti che devono essere forniti entro 30 giorni.

Dod. All.: “CDA_SAN_RAFFAELE_MONTE_TABOR

http://piemonte.indymedia.org/attachments/jul2011/cda_san__raffaele_monte_tabor.pdf

Articoli  (più  o  meno)  correlati:

– “Don Verzè  sull’orlo  della  Bancarotta

http://piemonte.indymedia.org/article/12322

http://liguria.indymedia.org/node/7253

 

 

Dal  portale  Indymedia

http://piemonte.indymedia.org/article/13044

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