“Tempi di crisis e di matteoranza”

“Come non riconoscersi nell’editoriale di oggi di Marco Travaglio, intitolato ‘Lettera del milite ignoto’)! E’ drammatico dirlo ma è proprio così: noi siamo un paese a sovranità limitata (per usare un eufemismo)”.



Tempi di crisis e di matteorana


 

Come non riconoscersi nell’editoriale di oggi di Marco Travaglio, intitolato “Lettera del milite ignoto(*)! E’ drammatico dirlo ma è proprio così: noi siamo un paese a sovranità limitata (per usare un eufemismo). E’ l’unica spiegazione possibile per interpretare e dare un senso alla sua lucida ricostruzione politica dei nostri ultimi decenni.  A leggere bene poi quello che sta accadendo nei tempi più recenti, la tentazione di rifugiarsi  a coltivare fiori e insalata nel proprio giardino (per chi se lo può permettere, ovviamente), per non vedere un quadro politico tanto desolante, è assai grande.

A destra, dinanzi all’evidenza dell’impresentabilità del leader – in quarantena giudiziaria, nell’attesa della taumaturgica resurrezione politica a cura del suo figlioccio-avversario – il “grande fratello” che domina occulto sulle nostre teste, ha messo in piedi una paraculissima operazione di scompattamento delle file per creare bacini di raccolta dei voti in fuga: gli Alfaniani, i Fratelli d’italia, i Passeriani e la stessa lega di Salvini (proposto  nelle ultime ore dal Caimano come centrattacco di una squadra in cui lui si riserva di stare, col numero 10, in cabina di regia….preoccupandosi di pilotare la scelta del nuovo Presidente della Repubblica, se non, addirittura, diventarlo !). Tutto con l’evidente disponibilità a ricompattare le righe alla bisogna, ad un semplice fischio da Arcore, con fidejussioni bancarie incorporate (come fu proprio per la Sega Nord qualche anno fa), ove necessario! Tenerissimo il perdono di Alfano, nelle ultime ore, la cui mancanza di pudore, per una volgare strumentalizzazione blasfema del Vangelo, è mascherata da cronache di tanto patetica quanto vomitevole e impudica tivvù!

A sinistra molto simile la diaspora ma con aggravanti tragicomiche di un partito che oscilla tra il demenziale e il delinquenziale, proponendo fotocopie di quello del caimano, spacciate per il nuovo che avanza: la Picierno al posto della De Girolamo, la Bonafè al posto della Santanchè, Moretti-Carfagna, Boschi-Gelmini, e così via, solo per fare alcuni esempi…..per non parlare, per “parità di genere”, del duo Speranza-Capezzone, massimo dello sballo masochista di un carrozzone allo sbando, per il quale grida vendetta dall’oltretomba il padre della direttrice del TG3, impegnatissima a ricordare agli italiani che il conflitto di interessi non ha affondato le  radici solo in Brianza.

Poi c’è Beppe Grillo. Da molti plaudito e sostenuto (da chi scrive, in prima fila), financo ingoiando l’incomprensibile rinuncia a calciare, quando gliene è stata data l’opportunità, un rigore a porta vuota. Parliamo di un mancato “governo di scopo” con Bersani, che avrebbe potuto davvero mettere a nudo il re! Oggi, ancorché convinti della buona fede e della genuinità di tanti del M5S, non si può non essere tentati da letture dietrologiche, che fanno sospettare nel movimento – tanto incomprensibile è a tratti il suo autolesionismo – la copertura di un astutissimo escamotage per catalizzare il dissenso e metterlo in frigo perché, saziando apparentemente la sete di verità e giustizia diffusa, non disturbi più di tanto le manovre dei “poteri occulti”!

Tant’è! Questo lo scenario se ci guardiamo attorno. E non si intravvede l’uscita dal tunnel. C’è la speranza nell’energico tono metalmeccanico di Maurizio Landini, ma è lui stesso a decandidarsi da auspicabili incarichi di guida politica. Ci sono figure onorabili e credibili ma fuori dai giochi perché additate come “gufi” da un finto boy scout di arrogante, bugiarda e stucchevole doppiezza. C’è l’Europa che, non si sa bene che cosa, ma “ce lo chiede” lo stesso! in mezzo a road map e jobs act per allodole, ci sono le tutele cosiddette “crescenti”, mentre quello che cresce, in realtà, sono solo i morsi di una crisi ogni giorno più pesante, insieme alle delocalizzazioni, alle esportazioni illecite di capitali e alle importazioni mal governate dei migranti, alle grandi opere utili solo per chi le fa e ai trattati internazionali occulti, funzionali a un governo del mondo, sempre di più, da parte di una finanza d’oltreoceano, determinata e pronta a sostenere missioni  militari umanitarie per portare la democrazia nei paesi più ricchi di giacimenti e materie prime, per difenderli – questa la vera ragione! – da odiosi rigurgiti fondamentalisti e talebani! Tempi di crisi ma, soprattutto, a livello mondiale, per capirci,  tempi di crISIS! e a livello locale, tempi di mattanza….pardon…, di matteoranza della democrazia. Questo è quanto. Né di più, né di meno. Che non abbia ragione l’italiano Medio dell’articolo di Travaglio con la sua inquietante domanda in chiusura: “Dovremo mica metterci a menare, alla nostra età?”….bha, fate voi….per intanto, se siete d’accordo, passateparola!

 

(*) Marco Travaglio ).

il Fatto Quotidiano 26 novembre 2014.

Salve, sono l’Italiano Medio. Non mi sento particolarmente né di destra né di sinistra: le ho viste all’opera tutt’e due e non mi sono parse un granché. Il centro, poi, non ho mai capito che roba sia, sebbene abbia letto per anni il Corriere della Sera, o forse proprio per questo. Non ho mai chiesto la luna, anzi sono uno che si accontenta di poco: vorrei essere governato da gente normale più o meno come me, mediamente perbene e abbastanza competente, che parla solo quando ha qualcosa da dire, e per il resto lavora. Siccome poi pago le tasse (anzi, me le trattengono: sono un lavoratore dipendente in attesa della pensione, se mai la vedrò), gradirei saperle utilizzate per servizi pubblici decenti e non sperperate in sprechi o rubate in furti vari. Tutto qui.

Nella Prima Repubblica votavo i partiti di governo per paura dei comunisti, anche se non riuscivo a scrollarmi di dosso la fastidiosa impressione che Berlinguer fosse meglio di Andreotti e di Craxi (a volte quel pensiero molesto si estendeva perfino ad Almirante, almeno quando appariva in tv, ma riuscivo a scacciarlo subito). Poi è arrivata Tangentopoli e istintivamente ho simpatizzato per i magistrati di Mani Pulite, che trattavano i ladri di Stato esattamente come i ladri di polli. Mi pareva di aver letto da qualche parte, credo nella Costituzione, che è giusto così. Ma da un certo momento in poi sentii dire in tv e lessi sul Corriere che a furia di ripetere “non rubare” rischiavo di ammalarmi di giustizialismo, così smisi.

Quel Berlusconi che si affacciava sulla scena, tutto denti e miliardi, non è che mi convincesse molto, ma tutti dicevano che era un grande imprenditore che si era fatto tutto da sé e vai a sapere che si era fatto dare una mano da gente poco raccomandabile: la prima volta lo votai, vedi mai che di quel successo nella vita privata ne portasse un po’ anche in quella pubblica. Me ne pentii subito, anche perché durò meno di un anno e badò solo agli affari suoi: a me però bastarono due facce, quelle di Previti e Dell’Utri, furono più utili di mille politologi.

Nel ’96 votai Ulivo: mi stava simpatico Prodi perché non è un comunista, ma un tipo normale, che non le spara grosse e parla, anzi borbotta poco, un po’ come me. Ci portò in Europa con l’aiuto di Ciampi, e mi parve una cosa buona: il biglietto d’ingresso, l’Eurotassa, fu la prima imposta che pagai volentieri, anche perché ce ne restituirono un pezzo. Ma durò poco anche lui: D’Alema diceva che un Paese normale non può essere governato da un professore che non ha dietro un grande partito tutto suo e non dialoga con Berlusconi per rifare la Costituzione. Sarà. A me la Costituzione, per quel poco che ne so, non pare malaccio, però tutti dicevano che andava rifatta e intanto Prodi cadde. Dei governi “normali” al posto del suo, D’Alema e Amato, non ricordo granché. Se non che fecero tornare Berlusconi, stavolta per cinque anni: un disastro epocale, solo affaracci suoi (s’arrabbiò perfino la mafia, sentendosi trascurata).

Quando il Cavaliere cancellò il falso in bilancio e cacciò pure Enzo Biagi dalla tv, trattandolo come Renato Curcio, partecipai anche a un paio di girotondi. Poi però il Corriere disse che eravamo dei pericolosi manettari nemici del dialogo, e allora smisi.

Nel 2008 volevo astenermi, ma poi mi trascinai a rivotare Prodi, che restava il meno peggio. Lo rifecero fuori un paio d’anni dopo: il tempo di mandar fuori di galera 30 mila delinquenti (non ho mai capito perché, quando le carceri scoppiano, non ne apriamo di nuove, ma spalanchiamo le porte di quelle vecchie). Quattro anni di film horror: “Il ritorno del morto vivente”. Poi arrivò Monti con i suoi tecnici e respirai: vabbè, almeno hanno studiato e sanno far di conto. Anch’io facevo i conti: mi mancava qualche mese alla pensione. Ma subito una ministra che piangeva con la faccia cattiva mi spiegò che ero un nababbo parassita come tutti i pensionati, insomma dovevo lavorare altri 7-8 anni.

E mio figlio, che aveva appena trovato lavoro, era un privilegiato e doveva vergognarsi per via dell’articolo 18, che infatti fu dimezzato. Boh. Mi vennero dei cattivi pensieri anche sui tecnici e mi buttai sui 5Stelle. Mica per Grillo: per quei ragazzi puliti che entravano in Parlamento senza un euro di soldi pubblici. Grande vittoria. Speravo che cambiassero un po’ le cose, ma furono subito messi ai margini. Per farmi capire che il mio voto contava zero, tornarono le larghe intese e, per maggior chiarezza, fu pure rieletto Napolitano. Letta durò nove mesi, poi arrivò Renzi: diceva cose giuste, più o meno le stesse di Grillo. Intanto i 5Stelle litigavano e si espellevano: sospetto che qualcosa di buono stiano facendo, in Parlamento, ma è solo un’impressione. In tv non li vedo mai e il computer non fa per me. Così, alle Europee, ho votato Renzi. Grande vittoria. Ma me ne son subito pentito: il giovanotto ha cominciato a fare il contrario di quel che diceva. Ha riesumato il morto vivente, ha ricominciato a menarla con la Costituzione da cambiare e con i parlamentari da nominare. Ha perfino ripetuto che mio figlio è un privilegiato, sempre per l’articolo 18. Domenica mi sono astenuto, come i due terzi dei miei corregionali: stavolta capiranno il messaggio forte e chiaro. Macché: il tipetto dice che siamo secondari. Ma che devo fare per farmi ascoltare? Se voto, non conto niente. Se non voto, idem. Dovrò mica mettermi a menare, alla mia età?

 

www.adriacola.altervista.org

 

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