Lettera aperta di una insegnante al Presidente del Consiglio

Illustrissimo Presidente Renzi, mi rivolgo a lei come insegnante per manifestarle la mia preoccupazione sul futuro dell’istruzione.

Blog di Claudio Grassi

Lettera aperta di una insegnante al Presidente del Consiglio.

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Angela Lombardi

Illustrissimo Presidente Renzi,

mi rivolgo a lei come insegnante per manifestarle la mia preoccupazione sul futuro dell’istruzione. Non sono abituata a scrivere lettere per affrontare problemi collettivi ma Lei sembra essere attento alle richieste individuali ed è questa la ragione per cui le scrivo. Non rinuncio alla comunicazione e anche se non comprendo la sua sensibilità la rispetto. Mi preme sottolineare che, per me, le domande che vengono dai collettivi hanno molta importanza, per questo ho sempre partecipato attivamente alla politica (sono stata una parlamentare della XV Legislatura), ho scioperato il 5 di maggio ed ho la tessera del sindacato, quella della CGIL. Lei ha sempre sostenuto di voler mettere al centro della politica la scuola e io sono certa che Lei è stato ed è sincero perché sa bene che un paese che ha l’ambizione di uscire dalla crisi ha bisogno di giovani istruiti, liberi e capaci di pensiero critico. Purtroppo la sua proposta è molto lontana da questo obiettivo.

Il ddl, più che risolvere i problemi, che la scuola certamente ha, sembra accanirsi contro i docenti di questo paese. Facile addebitare ai docenti della scuola questioni che francamente non sono nelle loro mani! Forse per questo devono finire tutti in un grande “calderone di precarietà” dove saranno pescati dai Dirigenti Scolastici. Forse la sua intenzione è quella di ridurre il numero di precari, in realtà, in coerenza con un altro suo provvedimento, questo contenitore da cui si attinge per la nomination, serve ad annullare il contratto a tempo indeterminato per tutti. Pace: saremo tutti e tutte precari. Mi scusi, sono meridionale, non so come mai, ma la chiamata diretta ha il sapore del “familismo amorale” che lei più volte ha detto di volere cancellare.

Le chiedo Presidente in che modo questo migliora la scuola e l’istruzione? Non tutti gli insegnanti sono uguali, non tutti sono bravi, non tutti sono empatici, non tutti studiano. La prego di riconoscere che questo vale per tutti i professionisti, vale per i medici e per i magistrati per citare le professioni che hanno la stessa valenza sociale. Per migliorare la giustizia e la sanità dovremmo allora accanirci contro medici e magistrati? Servirebbe? In che modo questo provvedimento può risolvere i problemi aperti e sanguinanti della nostra società? Lo so, molti pensano che la fragilità e la debolezza dei nostri giovani ha origini a scuola. La scuola stressa, è vecchia, impone il discorso argomentativo, non si accontenta di un twit o di un clic. I nostri giovani non leggono, sono poveri nel lessico. Vede, purtroppo i nostri giovani abitano un mondo apparentemente ricco ma decisamente povero di relazioni e felicità. Non hanno la parrocchia, il partito, la casa del popolo o i cineforum di paese per esercitarsi, come abbiamo fatto noi, alla retorica, alla ricerca, allo scambio di opinioni e sentimenti. L’unico luogo sano in cui i giovani incontrano ancora l’amore, la relazione e il potere della lingua e delle sue tante sfumature sentimentali è la scuola. Sì la scuola, quella terremotata di oggi, che ha anche il problema di essere sola ad affermare valori.

Presidente, i nuovi italiani, a scuola sono protetti e sono accolti anche quando l’intolleranza e la stupidità del fuori entra in quelle vecchie mura. Forse è l’unico luogo in cui l’intolleranza è bandita. Forse è anche merito dei suoi insegnanti oltre che dei suoi sacrosanti principi. Non si può far passare gli insegnanti come dei “privilegiati”. Privilegio è un termine serio, come lei sa, e in nessun modo può riguardare chi lavora.

Mi scusi, soprattutto in questo paese dove la politica dovrebbe colpire gli abusi, la lingua andrebbe usata con esattezza, l’esattezza che, per citare Calvino, si ottiene con la scrittura. Ma allora, indossando gli occhiali dell’insegnante, quali sono e come si risolvono i problemi della scuola? Il primo grande problema è un dato terribile, quello della dispersione scolastica. Troppi i giovani che restano indietro per un paese come il nostro, il tormento di ogni insegnante. Questo dato non si modifica cambiando i docenti o l’indirizzo scolastico, a riprova che non sono gli insegnanti i colpevoli di questo disagio. E’ un disagio che ha cause diverse e profonde che possono essere rimosse con una semplice scelta: alzando l’obbligo scolastico a 18 anni, come accade in tutti i paesi affini all’Italia.

Non mi pare si sia interessato a questo né nei dodici punti né nel DDL. Una scelta questa che inciderebbe molto anche su quel dato di disoccupazione pesante che il nostro paese continua ad avere. Non si può pensare che la scuola sia colpevole di quel dato strutturale, ma le difficoltà maggiori, se legge i dati, riguardano proprio i giovani che non conseguono il diploma. A loro non è consentito nemmeno di emigrare. Sono certa che, per quanto utile, questo non risolve. Molti abbandonano perché non ce la fanno.

Noi insegnanti non abbiamo competenze che ha uno psicologo e gli insegnanti scelti dal Preside ugualmente non hanno queste competenze. Il nostro, oggi più che mai, è un lavoro di squadra, che ha bisogno di figure diverse da quella del docente. Uno psicologo in ogni scuola aiuterebbe e molto. Aiuterebbe ad identificare subito Disturbi Specifici dell’Apprendimento che sono spesso la causa dell’abbandono scolastico. Abbiamo una legge avanzatissima, in questo campo potremmo fare scuola, ma senza i professionisti giusti al posto giusto i nostri sforzi sono vani. Anche di questo non si parla. Gli insegnanti possono migliorare le loro, già buone, prestazioni, per motivare sempre di più?
Certo e noi siamo i primi a sentirne il bisogno, perché avvertiamo la responsabilità che abbiamo.

Amo questo lavoro perché non può essere ripetitivo. Nessuno dei nostri alunni è uguale ad un altro. Ognuno pone domande diverse. Questo lavoro è una ricerca permanente ed ha bisogno di confronto e formazione. La formazione deve essere un obbligo. Su questo siamo d’accordo. Ma come ci si forma? Perché non deve essere impegnata su questo fronte l’Università? Potrebbe l’Università con un programma specifico occuparsi di questo aspetto? Contribuire per questa via alla crescita professionale di tutti? Come vede anche noi vogliamo migliorare la scuola, perché vorremmo una società che fa crescere la libertà e l’uguaglianza. Si potrebbe cominciare da questi tre punti e poi verificare e procedere. Così consiglia il metodo scientifico. Lei ha scelto altre priorità che sono uno specchietto per le allodole. Facciamo finta di cambiare tanto i problemi restano e proviamo a proteggere chi sceglie la paritaria senza classi pollaio, senza i problemi strutturali che forse così non risolveremo mai.

Non ho nulla contro le scuole paritarie e non sono tra coloro che pensano che siano solo “diplomifici”. Chi le preferisce le può pagare. La scuola pubblica deve rispondere al bisogno di istruzione di tutti e per tutti e di questo si deve occupare lo Stato, senza impedire libere scelte diverse.
Non ho parlato dello stipendio degli insegnanti, penso sia la vergogna di questo paese e certo non mi appassiona una ipotetica carriera che garantisce pochi spiccioli in più. Insegno lettere e subisco il fascino dell’humanitatis, non del vil denaro. Io mi vergognerei se avessi detto, per molte legislature, che lo stipendio degli insegnanti è uno scandalo per poi partorire il topolino che non garantisce dignità a nessuno. La vergogna è un sentimento serio.

Presidente rinunci al braccio di ferro e faccia un passo indietro democratico. Incontri i nostri rappresentati, anche questa è democrazia. Si fidi degli insegnanti e dei lavoratori, è nostro interesse crescere e migliorare. La riforma la farà e se la condivide con noi certamente ne guadagnerà la scuola e il paese. Provi a connettersi sentimentalmente con chi, nonostante tutto, con amore vive a scuola.

 

http://www.claudiograssi.org/wordpress/2015/05/lettera-aperta-di-una-insegnante-al-presidente-del-consiglio/

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