“Accade in Abruzzo”

Non c’è solo la tragedia alle pendici del Gran Sasso. “Un anziano papà è morto nella mattina di mercoledì 18 gennaio a lume di candela e il figlio ha dovuto pagare dei contadini che spalassero la neve per far arrivare le pompe funebri.



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ACCADE IN ABRUZZO
Non c’è solo la tragedia alle pendici del Gran Sasso. “Un anziano papà è morto nella mattina di mercoledì 18 gennaio a lume di candela e il figlio ha dovuto pagare dei contadini che spalassero la neve per far arrivare le pompe funebri. Un’anziana mamma è rimasta sola in casa per tre giorni, anche tra le ripetute scosse di terremoto, con la sua bombola di ossigeno, senza badanti, bloccate dalla neve, né luce né riscaldamento, finché figlia e nipoti non sono riusciti a raggiungerla… Una giovane donna viene dimessa dall’ospedale dopo un intervento, ma non può tornare a casa, perché le strade di accesso alla struttura sono impraticabili e non funzionano le comunicazioni telefoniche di alcun tipo…”. Quanto vale la vita di persone comuni, a cominciare dai più anziani, in un territorio che ha ceduto i suoi fiumi all’Enel? In una regione che ospita una delle vette dell’Appennino, il Gran Sasso, messa in ginocchio da una nevicata? “Finché non ritorna il terremoto, a togliere l’ultima protezione, a devastare la tana….”, scrive Carla Verdecchia, insegnante. Intanto “ci si sveglia la mattina all’alba per spalare e recarsi al lavoro, si fanno turni di assistenza ai familiari più fragili, si cucina per i vicini che ci hanno aiutato nelle difficoltà….”
CARLA VERDECCHIA

 

PREGHIERA PER L’APPENNINO
“Bisogna coinvolgere le popolazioni dell’Appennino su cosa fare per restare in quei luoghi. Non ci vuole chi gli va a montare le catene, possono farlo benissimo da soli – scrive Franco Arminio – Ci vuole che l’Italia si ricordi che è un paese di paesi e di montagne. Dove d’inverno può arrivare tanta neve e dove la terra può tremare ogni giorno. In ultimo bisogna ricordare che le valanghe sono molto più veloci delle nostre manfrine burocratiche… L’Italia e il mondo devono salvare l’Appennino, perché è una terra sacra, è una terra che ha un patrimonio naturalistico e culturale unico al mondo…”
FRANCO ARMINIO

AL POSTO DI STEFANO POTEVO STARCI IO
“Invece di allontanarle da noi, cerchiamo di avvicinarcele queste storie. Cominciamo a pensare che al posto di Stefano potevo starci io, al posto di Aldo, Federico, Giuseppe… Non facciamoci confondere dal gioco linguistico di Giovanardi che lo etichettò come tossicodipendente, anoressico… Un gioco per allontanarlo da tutti noi. Per farci pensare che a noi e alla gente che frequentiamo non succedono quelle cose lì. E che, forse, quella gente se le va a cercare certe rogne… Non ce la faccio a pensare che la morte di Stefano riguardi solo lui. Questo è un gioco sporco che facevano i nazisti quando chiamavano “pezzi” gli internati nei campi. Lo hanno fatto gli hutu che in Rwanda hanno massa crato un milione di tutsi: li chiamavano scarafaggi…”
ASCANIO CELESTINI

 

BELGRADO, CONGELO D’EUROPA
“… guardiamo nelle nostre tiepide case
mentre alle nostre porte
senza umana protezione
sulla rotta balcanica
all’aperto in fila
gli assiderati
restano…”
ROSARIA GASPARRO

 

SOTTO LA NEVE PANE, SOTTO…
“Sono una donna ultraottantenne che nella sua vita, ha vissuto, in ogni inverno della sua vita, molte nevicate – scrive Maria Delli Quadri -, con tormente e con lenti fiocchi, con venti forti e gelidi, con correnti di bora che seccava i volti e la fronte, che ha giocato con la neve, l’ha sciolta fingendo che fosse un gelato, l’ha combattuta e vinta nelle traversate quotidiane per raggiungere le sedi di lavoro, con stivaloni di gomma e senza pantaloni che a quel tempo erano vietati alle donne. Di essa dovrei avere un ricordo poco piacevole per i molti disagi causati non solo a me ma anche a tutti gli altri, privi come eravamo di fonti di calore adeguate, stretti intorno ai caminetti che spesso buttavano rigurgiti di fumo e ci a nnebbiavano le cucine prive di luce elettrica. Eppure questi miei ricordi sono come poesia… prima o poi arriva con forza e violenza, si ammucchia, crea problemi alla comunità, e, quando tutto si placa, resta il manto bianco che ricopre strade portoni e tetti creando angoli suggestivi degni di un quadro dipinto da un grande pittore…”
MARIA DELLI QUADRI

 

IL TEMPO NON LINEARE DI LORENZO
Vale la pena d’interrogarsi ancora sul muover-si, sull’andare oltre come immagine del cambiare la società, il mondo, un mondo che non ci piace, oppure sarà meglio cercare un senso all’andar via, alle possibili via di fuga, all’esodo? Quello di Lorenzo, di esodo, come il suo viaggio nella memoria, intreccia di continuo la trama di una storia collettiva con quella di un destino individuale, una scelta che comincia dal sè e che non sappiamo bene se, quando e dove arriva a ricongiungersi con un noi. Fuori squadra è il romanzo che racconta ed è da raccontato da Enzo Scandurra, docente di lungo corso al dipartimento di architettura e urbanistica della facoltà di ingegneria alla Sa pienza di Roma, scrittore di saggi, racconti e molte altre storie. Uscito per Castelvecchi, è in libreria in questi giorni, forse mosso – come il suo protagonista -, da “un ultimo tentativo di addomesticare lo scorrere del tempo” in una città che non può essere eterna, anche perché somiglia troppo, affondando ogni giorno un po’ più nelle sue rovine, alla metropoli che non avremmo voluto. Per i lettori di Comune, Scandurra ha scelto due stralci che invitano a una lettura piacevole, avvincente perché complessa, semplice perché non semplificata
ENZO SCANDURRA

 

IL PALAZZO DELL’INTERCULTURA
Non aspettano che il ministero promuova progetti seri di educazione interculturale nelle scuole, non guardano la classifica della sindaca o del sindaco più apprezzato, non si rassegnano a una pedagogia astratta e accademica. Bizzarri questi di Cinema Palazzo, Mce, Cemea e ZaLab: domenica 22 tavola rotonda e laboratorio per dischiudere, ribaltare e colorare insieme l’idea di intercultura. Educatori, insegnanti, genitori e appassionati, ne abbiamo tutti bisogno (il programma e qualche buona lettura per arrivare preparati)
R.C.

NON CHIAMATE QUEI RAGAZZI MOSTRI
“Nessuno nasce criminale. Nemmeno Totò Riina è nato mostro. Lo è diventato – scrive Alex Corlazzoli, maestro – È triste pensare che dopo i fatti di Pontelangorino (Ferrara) pochi abbiano fatto una riflessione più profonda e non si siano posti qualche domanda: i genitori dei due ragazzi avevano gli strumenti per affrontare i turbamenti, la rabbia di Manuel e Riccardo già manifestata altre volte? Chi erano per Manuel e Riccardo, i loro punti di riferimento? C’era qualcuno che li ascoltava senza giudicarli? La scuola che ha fatto per loro? Li ha bocciati, rifiutati. Non basta tutto ciò per giustificarli ma non basta nemmeno dire ‘sono solo mostri’…”< br /> ALEX CORLAZZOLI

QUI SPERIMENTIAMO IL REDDITO UNIVERSALE DI BASE
A gennaio è partito un importante esperimento sul reddito
WILLIAM ROGERS

LO SPIRITO DEL NATALE NELL’ALTRA BARCELLONA
Ci sono città nelle quali la discussione si accende sull’eleganza dell’albero di Natale posto in una delle piazze principali e ci sono altre città in cui la piazza principale diventa lo spazio simbolico per immaginare come sia possibile mettere in pratica alternative nette e piuttosto significative. La Barcellona guidata da Ada Colau si colloca senza esitazioni nel secondo gruppo. Nel mese scorso, con l’Install Party della seconda Fiera di Consumo Responsabile – Economia Sociale e Solidale, lanciata con un ambizioso slogan che invitava a “disconnettersi dal capitalismo” per installare subito “alternative”, la metropoli catalana ha provato a rompere i ponti con la consolidata abitudine al consumismo sfrenato e con lo spreco energetico che segnano lo sfarzo esibito nei giorni di festa. Pare che divertirsi senza tradire l’idea di città che si cerca faticosamente di costruire non sia affatto impossibile
NORA INWINKL

 

LA MODA FRANCESE E I PANNI DELLA DIGNITÀ
C’è chi la critica spiegando che le sanzioni per i grandi marchi sarebbero piuttosto irrisorie, ma la legge “Rana Plaza”, ispirata alla strage avvenuta in Bangladesh nel 2013, che il senato francese si appresta ad approvare, rappresenta il primo intervento normativo diretto ad arginare le piaghe sociali legate all’industria della moda. A scala mondiale, quella tessile è peraltro l’industria più inquinante, dopo quella dei combustibili fossili. La Francia sarebbe così il primo paese al mondo a decidere delle misure che, almeno sulla carta, sanciscono l’obbligo di istituire e attuare un piano di vigilanza per individuare i rischi e prevenire la violazione dei diritti umani e dei diritti dei lavoratori e garantire la salute, la sicurezza delle persone e la tutela dell’ambiente. C’è da augurarsi che non sia l’unico
CECILIA FRAJOLI GALDI

 

TUTTA COLPA DEL PANE
Imparare a fare il pane con la pasta madre significa difendersi dall’ossessione del mercato. Imparare a farlo insieme significa costruire comunità diverse, qui e ora
R.C.

 

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