Sanzioni, “Mosca al collasso”? No, si erano preparati da tempo: il collasso tocca a noi

Come era prevedibile l’impatto delle sanzioni durissime contro la Russia si sta facendo sentire, più in Europa che negli Usa.

Oggi i mercati europei hanno aperto con perdite fortissime: Piazza Affari, tra le peggiori, cede al momento il 3,5% dopo aver raggiunto in mattinata un livello di perdite del 6%. Moltissimi titoli sono stati sospesi, in particolare i bancari, con Intesa e BPM che perdono l’8% e Unicredit che non riesce neppure a fissare il prezzo.

Sull’economia europea si addensano nubi nerissime; sul lato finanziario la perdita di contratti di interscambio con la Russia significa il fallimento di moltissime aziende italiane ed europee che, in molti casi, non riceveranno i pagamenti per le merci esportate in Russia a causa dell’estromissione di molte banche russe dal sistema di pagamenti internazionale Swift.

Per questo i titoli bancari perdono così tanto, sono esposti con le aziende dipendenti dal mercato russo e rischiano di incamerare perdite gigantesche. Dal punto di vista industriale poi l’aumento dei costi di produzione, dovuto all’impennata dei prezzi delle materie prime, aggraverà la crescita incontrollata dell’inflazione, e renderà onerosissimo e molto difficile acquistare quelle materie prime come il gas, il petrolio, l’alluminio, titanio, grano, mais, soia, indispensabili per il nostro sistema produttivo. L’Italia, particolarmente esposta, sarà uno dei Paesi più colpiti; noi siamo un Paese trasformatore: importiamo materie prime e esportiamo prodotti finiti, se la materia prima non arriva il nostro sistema si blocca.

Gli Usa, molto meno dipendenti dalla Russia rispetto al Vecchio Continente, si trovano in una posizione meno grave, e stanno in pratica facendo pagare agli alleati europei, in termini economici e di sicurezza, i loro piani di allargamento della Nato. La speranza delle cancellerie europee è che le sanzioni distruggano l’economia russa e impongano a Mosca la resa in tempi rapidi, in modo da non avere effetti eccessivamente duri sull’economia globale.

Secondo Jp Morgan l’economia russa va verso un collasso peggiore di quello visto dopo il default del debito nel 1998, con un crollo del Pil di almeno il 7% quest’anno, che comunque sarebbe una perdita di ricchezza minore di quella verificatasi in Italia nel 2020 (-8,9%), senza che ci fosse una guerra.

Ma davvero i russi sono alla canna del gas?

E’ vero che l’occidente sta cercando di strozzare finanziariamente Mosca, ma la Russia si sta preparando da tempo. Negli ultimi anni sono stati bloccati 650 miliardi di euro e dollari dalle banche americane ma ci sono  800 miliardi depositati nelle banche cinesi e Pechino ha ufficialmente dichiarato che non farà nessuna sanzione.

In caso di default di Mosca (nei prossimi giorni Mosca potrebbe non saldare 107 milioni di dollari di interessi sul suo debito pubblico), la Russia avrebbe seri problemi, ma gli effetti li subiremmo anche noi, che siamo molto meno preparati e resistenti degli ex-sovietici.

Le banche e le borse del Vecchio Continente sarebbero duramente colpite e moltissime aziende fallirebbero, mentre le società russe non possono fallire se non gli arrivano i pagamenti dall’estero, perché lo Stato garantisce una protezione totale.

Ma c’è un ulteriore elemento da tenere in considerazione: le sanzioni colpiscono l’economia russa da un lato, ma gli consentono anche grandi guadagni per altri versi. Ad esempio  i russi stanno guadagnando moltissimo acquistando le azioni delle aziende straniere con sede in Russia, il cui valore di borsa è crollato per le sanzioni. Solo negli ultimi 4 giorni Mosca si è messa in tasca 90 miliardi di dollari acquistando aziende straniere a prezzi stracciati quotate alla borsa di Mosca. In pratica è come se la Banca Centrale Russa avesse nazionalizzato le imprese straniere (tra cui Microsoft Russia) non sequestrandole, come stanno facendo gli europei con i beni dei magnati russi, ma comprandole regolarmente ad un valore ridicolo.

Con 30 miliardi di dollari Mosca ha acquistato le azioni di tutte le società occidentali quotate sulla Borsa di Mosca, il cui valore precedente ammontava a 190 miliardi. E oltre a guadagnarci lo Stato prende il controllo di aziende strategiche, prima in mano agli stranieri.

Il petrolio e il gas, che l’Europa non comprerà più, tagliandosi le gambe da sola, sarà acquistato dai cinesi, che da anni chiedono a Mosca più gas e petrolio per alimentare il gigantesco sistema industriale della Cina e da altri Stati, oltretutto a un prezzo maggiorato.

Insomma la strategia di Putin per rispondere alle sanzioni è chiara: rafforzare l’indipendenza finanziaria dall’occidente puntando su un rapporto privilegiato con i cinesi e sulla capacità di produzione interna, ritornare a gestire tutte le imprese operanti in Russia e non pagare il debito con gli Europei.

I russi sono un popolo molto fiero che, nella sua storia, ha dato prova di essere in grado di fare enormi sacrifici per fermare le aggressioni straniere, e per i cittadini della Federazione l’ingresso dell’Ucraina nella Nato è un atto aggressivo che rappresenta una minaccia strategica. Dunque è probabile che la maggioranza dei russi rimanga a fianco di Putin nella sua lotta contro l’occidente, senza aprire fronti interni.

ARNALDO VITANGELI

07/03/2022

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