Maria Morigi – 4 Ottobre 2022 (Marx21)
Iran, dietro le proteste del velo il terrorismo dei Mojahedin-e Khalq – Marx21
La morte della giovane curda Mahsa Amini, dopo essere stata arrestata perché non indossava correttamente il velo, ha scatenato proteste, manifestazioni e strumentalizzazioni. Non voglio entrare nel merito della legittimità di tali proteste ma rimango colpita dalla notizia del 1 ottobre: Il ministero dell’Intelligence iraniano ha presentato un rapporto secondo cui gruppi terroristi hanno incitato le proteste. Secondo notizie d’agenzia sono stati arrestati 49 membri del gruppo Mojahedin-e-Khalq, ritenuto terrorista da Teheran e da altri Stati, che hanno diffuso propaganda per incitare la rivolte e fornito materiale incendiario ai manifestanti, seguendo ordini provenienti da membri del gruppo in Albania.
Ai Mojahedin-e Khalq (o Mojahedin del Popolo Iraniano o Esercito di Liberazione Nazionale dell’Iran – sigle PMOI, MEK, MKO) è imputato l’assassinio di circa 12.000 iraniani negli ultimi 40 anni. L’organizzazione, fondata negli anni ’60 da un gruppo di studenti radicali che professano marxismo e islamismo, conduce la prima lotta armata contro lo Shah Reza Pahlavi. Dopo la rivoluzione khomeinista del 1979, il leader del MEK, Masoud Rajavi, combatte la neonata Repubblica islamica dell’Iran. Nel 1981 un attentato ad opera del MEK azzera i vertici della Repubblica islamica: uccisi 70 ufficiali, tra cui il presidente Mohammad-Ali Rajayee, il primo ministro Mohammad-Javad Bahonar e il capo della giustizia Hossein Beheshti. La Guida suprema, Ali Khamenei, rimane gravemente ferito e perde l’uso del braccio destro.
In seguito, i vertici MEK si rifugiano a Parigi, dove fondano il loro “ombrello politico”, il Consiglio nazionale della resistenza iraniana (CNRI). Nel 1986, quando il presidente Mitterrand avvia un dialogo con l’Iran per far rilasciare gli ostaggi francesi detenuti a Beirut, la Francia espelle Masoud Rajavi. Nel frattempo il gruppo – già schierato a fianco dell’esercito iracheno durante la Guerra contro l’Iran (1980-1988)- fugge in Iraq sostenendo Saddam Hussein nel sopprimere le comunità sciite e curde del Paese.
Elizabeth Rubin del New York Times nel 2003 visita Camp Ashraf in Iraq (provincia di Diyala) ed è in grado di offrire una descrizione della base militare, dell’ organizzazione e delle caratteristiche settarie del gruppo. La Rubin racconta di aver visto “un mondo artificiale di api operaie” – circa la metà dei Mojahedin è donna – e tutte, vestite in uniforme color khaki e velo scarlatto, si esercitano nell’uso delle armi, guidano pick-up e mezzi militari. Fin dagli anni ‘80 gli aderenti al MEK devono fare voto di celibato eterno, chi è sposato deve divorziare, chi non lo è deve giurare di non farlo e non può avere figli. Negli anni l’organizzazione, benché nata da un’ideologia marxista-islamista, assume i caratteri di una setta centrata sul ruolo femminile e sul culto della personalità della leader Maryam Rajavi (moglie di Masoud): alle bambine viene insegnato che unirsi alla setta è “un viaggio verso il self-empowerment (autopotenziamento) e l’illuminazione del martirio ispirato dalla luce e dalla saggezza di Maryam Rajavi”. Pensare alla setta ismailita degli Assassini non è proprio un caso!
Fin dall’invasione statunitense dell’Iraq del 2003, il MEK sostenuto dai neoconservatori USA riceve addestramento da parte del Joint Special Operation Command (JSOC) nel deserto del Nevada (tecniche di comunicazione, crittografia, tecniche di assalto e guerriglia ecc.). Nel 2012 le testimonianze di due funzionari dell’amministrazione Obama denunciano che gli omicidi dei cinque scienziati nucleari iraniani (nel 2007) sarebbero stati commessi dal MEK in collaborazione con il Mossad e il supporto dell’intelligence statunitense.
Gli USA nel settembre 2012 rimuovono il MEK dalla lista delle organizzazioni terroristiche – lista in cui erano stati registrati nel 1997 dal segretario di Stato Madeleine Albright come apertura nei confronti del presidente iraniano riformista Khatami -. La rimozione dalla lista dei terroristi è sostenuta dal Segretario di Stato Hillary Clinton che invia al Congresso una comunicazione riservata sulla questione, permettendo al gruppo di fare affari e attività sotto giurisdizione Usa. Dal settembre 2012, i Mojahedin lasciano Camp Ashraf, loro centro di formazione e addestramento in Iraq, e vengono instradati in Albania e in Europa.
Con l’amministrazione Trump e la nomina di alti funzionari quali Mike Pompeo e John Bolton, viene messo in atto un nuovo tentativo di destabilizzazione dell’Iran. In questa strategia è previsto l’ accreditamento a Washington del gruppo MEK come “legittima opposizione” alla Repubblica Islamica dell’Iran. Sono diversi i personaggi politici statunitensi che sembrano “conquistati” alla causa del MEK : l’ex sindaco di New York, Rudy Giuliani durante la conferenza annuale MEK a Parigi (giugno 2018) invoca apertamente il regime change a Teheran; John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale, partecipa assiduamente alle loro convention. E d’altronde gli sforzi di lobbying sono ben noti nella politica statunitense.
Oggi i MEK pubblicamente professano valori di laicità e democrazia in Iran, allegramente esibiscono una filosofia pro-free-market, predicano l’emancipazione femminile. Tuttavia al loro interno nascondono una verità contradditoria, se si pensa che i membri del gruppo non hanno accesso a giornali, radio o televisione e che nessuno può criticare il leader. Inoltre intendono rovesciare il regime iraniano e creare un governo con a capo Maryam Rajavi, già da loro nominata futura presidente. I membri vengono periodicamente sottoposti a sessioni di autocritica in cui sono filmati mentre ammettono di avere tenuto comportamenti contrari alle leggi del gruppo (i filmati possono in seguito essere utilizzati contro di loro).
Organizzazioni dei Diritti Umani hanno ampiamente documentato abusi all’interno del gruppo, e la stessa popolazione iraniana non riconosce loro alcuna legittimità, anzi esiste una profonda ostilità nei confronti del MEK per il supporto fornito a Saddam durante la guerra Iran-Iraq.
Velo o no, per gli iraniani e le iraniane è difficile dimenticare la scia di sangue lasciata dal MEK.