[Sinistrainrete] Enrico Tomaselli: La fine delle talassocrazie

Rassegna del 19/03/2023

 

 

Enrico Tomaselli: La fine delle talassocrazie

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La fine delle talassocrazie

di Enrico Tomaselli

aircarrierNon è solo l’unipolarismo ad essere tramontato. E lo è, dato che dal momento che viene così significativamente messo in discussione, ciò già implica di per sé che sia finito. Ad essere giunta al crepuscolo è anche una concezione (ed una pratica) strategica, su cui si è fondato il millenario dominio dell’occidente. A scomparire dietro l’orizzonte, in un ultimo, fiammeggiante bagliore, è la supremazia delle potenze navali

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La nascita dell’imperialismo navale

Storicamente, il commercio marittimo è sempre stato importante, in quanto le vie del mare erano le più veloci, e consentivano di trasportare grandi quantità di uomini e merci. Anche la storia antica racconta di innumerevoli battaglie navali, da quella di Ecnomo – nel 256 a.C. – a quella di Lepanto – 1571. Ma è fondamentalmente a partire dall’epoca delle conquiste coloniali europee in Africa, in Asia e nelle Americhe, che si afferma il moderno imperialismo navale.

Il possesso di territori lontani, con i quali era necessario mantenere un contatto costante, sia per ragioni economiche che difensive, portò allo sviluppo di grandi flotte da parte dei principali stati europei; la competizione tra le varie case regnanti (peraltro tutte più o meno imparentate tra di loro) determinò conseguentemente che tali flotte assumessero quindi un ruolo determinante, sia nella conquista e difesa delle colonie, sia nelle guerre tra stati. E da questo marasma, emergerà poi come massima potenza navale l’Inghilterra.

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Michael Roberts: Sul fallimento della Silicon Valley Bank, annessi e connessi…

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Sul fallimento della Silicon Valley Bank, annessi e connessi…

di Michael Roberts

wall street 4847634 340 1Pubblichiamo qui di seguito un articolo di Michael Roberts sul fallimento della Silicon Valley Bank [ne abbiamo ricevuto la traduzione da Antonio Pagliarone, che ringraziamo – n. (*)], che evidenzia alcuni dei problemi di fondo legati a questa ennesima crisi bancaria. Commentando le dichiarazioni ufficiali di vari esponenti dell’establishment finanziario e istituzionale a vario titolo implicati nell’affaire (dichiarazioni quasi tutte tese a minimizzare l’accaduto e illustrarne il preteso carattere circoscritto), Roberts si chiede: il crollo di SVB è davvero un caso singolo?

I fatti hanno già fornito una prima risposta. Il crollo di SVB, infatti, ha trascinato con sé, in contemporanea, Silvergate, e si è poi esteso alla newyorchese Signature Bank e all’ex filiale inglese di SVB, “comprata” dal gigante britannico HSBC al prezzo di saldo di una sterlina, una volta constatato il suo fallimento virtuale.

Ad accompagnare questi fallimenti, una scia di pesanti tonfi in Borsa e di difficoltà finanziarie ha colpito First Republic Bank, Western Alliance, Charles Schwab e altri istituti, sia americani che europei.

A leggere i commenti più o meno ufficiali della stampa specializzata e degli “addetti ai lavori”, con alcune sporadiche eccezioni, sembra di ritornare indietro nel tempo. È tutto un susseguirsi di “rassicurazioni” sulla “ben maggiore solidità” delle banche attuali rispetto a quelle del big crash del 2008, sulla dimensione “di nicchia” del business di SVB, per questo incapace di innescare problemi di carattere sistemico e così via.

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Roberto Paura: Francesco, l’ultimo papa

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Francesco, l’ultimo papa

Un bilancio dei primi dieci anni di pontificato di Bergoglio, tra riforme e timori di scisma, innovazioni e limiti

di Roberto Paura

97CEA553 CF6F 4BC5 95AE 15423BC65FEA 1440x708Un “pontificato breve”: così papa Francesco se lo immaginava e lo annunciava all’apertura dell’anno giubilare straordinario del 2015, poco meno di due anni dopo l’elezione. E la scelta di proclamare un giubileo straordinario dedicato al tema della “misericordia” tradiva la convinzione di non poter aspettare il 2025, anno giubilare ordinario. Breve era stato del resto il pontificato di Giovanni XXIII, che pure in meno di cinque anni aveva segnato una discontinuità radicale con il passato e inaugurato quel Concilio che avrebbe cambiato per sempre la Chiesa cattolica. Invece, contro molte aspettative, Francesco varca ora i dieci anni di pontificato: un tagliando importante, di bilanci – se ne leggono molti in giro – che cade in un anno particolare, il primo dopo la morte di Benedetto XVI, che mette fine all’ambigua e polarizzante questione dei “due papi”.

La sua elezione fu una sorpresa per tutti. Dopo essere stato per un paio di giorni il riluttante frontman degli anti-ratzingeriani al conclave del 2005, Bergoglio se ne era tornato in Argentina senza mettere in alcun conto una seconda possibilità. Ma le dimissioni sconcertanti di Benedetto XVI avevano rimesso tutto in discussione. Innanzitutto, si erano verificate talmente “a ciel sereno” – come dichiarerà a bruciapelo un istante dopo allo stesso papa il decano Angelo Sodano – che nessuno era preparato a immaginarne la successione. Lo stesso Ratzinger, che sperava di vedergli succedere Angelo Scola, era troppo esausto in quei giorni per provare a imporlo al collegio cardinalizio. Ma in secondo luogo, e soprattutto, le dimissioni di Benedetto XVI sancirono platealmente la sconfitta della sua linea.

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Piccole Note: Riad e Washington: divergenze anche sulla guerra in Yemen

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Riad e Washington: divergenze anche sulla guerra in Yemen

di Piccole Note

“Sin dal suo inizio, nel 2015, gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo cruciale nel supportare la guerra a guida saudita nello Yemen. Tuttavia, dopo otto anni di guerra e dopo i drammatici mutamenti geopolitici che hanno avuto luogo nello Yemen, nell’Asia occidentale e nel mondo, gli obiettivi di Washington adesso sono diversi da quelli del suo Stato cliente saudita”. Così l’incipit di un articolo di The Cradle.

L’articolo spiega come gli Usa abbiano supportato in tutto e per tutto l’aggressione “brutale e non provocata” di Riad in Yemen – per usare i due aggettivi ripetuti ossessivamente dalla stampa americana per connotare l’invasione russa -, attraverso la quale hanno tentato di riprendere il controllo del Paese, perso da quando i ribelli houti hanno osato spodestare il dispotico fantoccio filo-occidentale al potere.

 

Le armi Usa a Riad e ai suoi alleati

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Matteo Bortolon: “Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina”

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“Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina”

di Matteo Bortolon

Il breve e sintetico testo di Benjamin Abelow (Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina, Fazi 2023) si aggiunge alla serie di libri che propongono una analisi della crisi in termini urticanti e provocatori per chi si è abituato agli slogan dei media dominanti: “c’è un aggressore e un aggredito”, “la crisi è dovuta al rigurgito di imperialismo russo”, “tutta colpa di Putin” e simili.

Nonostante l’insistente tartassamento dei poteri dominanti, se nei primi mesi di guerra la cappa di omologazione e conformismo delle opinioni è stata pesantissima, nell’anno seguente si sono susseguite delle analisi che restituiscono una complessità alla situazione meno incline al manicheismo. Fra queste spunta il testo di Abelow, che può essere utile accostare al libro di Noam Chomsky 11 settembre. Le ragioni di chi? , pubblicato a ridosso dell’attentato alle Torri Gemelle. Anche allora un evento traumatico tendeva ad addossare tutte le colpe su dei “cattivi” – ieri gli islamisti di Al-Qaeda, oggi i vertici della Federazione Russa – e si cercava di costruire un consenso mobilitante dell’opinione pubblica.

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Fabio Mini: “La guerra permanente in Europa è lo scenario preferito dagli Stati Uniti”

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“La guerra permanente in Europa è lo scenario preferito dagli Stati Uniti”

Alessandro Bianchi intervista Fabio Mini

“Per gli Usa la guerra permanente in Europa con uno o più stati che si offrano volontari per alimentarla a tempo indeterminato ha il doppio vantaggio di tenere impegnati gli europei contro la Russia e distoglierla dall’asse con Pechino. Ma, come ho scritto nel libro, i “volontari” per la guerra infinita cominciano a scarseggiare, a partire da quelli da inviare al fronte”. Così a l’AntiDiplomatico risponde il generale Fabio Mini, autore di “L’Europa in guerra” (Paper First, 2023), alla domanda sul ruolo degli Stati Uniti nelle possibili trattative di pace prossime future.

Mini, una delle voci più coerenti e forti nel denunciare i rischi connessi all’atteggiamento europeo verso il conflitto in corso, è riuscito, con i suoi articoli su Limes e il Fatto Quotidiano, a rompere la propaganda dominante. Quella propaganda che, come abilmente preannunciato dallo stesso generale, sta portando il nostro continente ad un passo da un baratro sempre più visibile.

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Generale del suo ultimo libro mi ha colpito molto il titolo: “L’Europa in guerra”. Lei ha il coraggio di dirlo chiaramente, nonostante l’informazione tenti di mascherarlo ogni giorno con voli pindarici a volte surreali. Con l’invio delle armi all’Ucraina, l’Unione Europea (e quindi l’Italia) ha scelto uno status di belligerante attivo?

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Gianni Marchetto: Elly Schlein, chi ha vinto? Riflessioni di un perdente

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Elly Schlein, chi ha vinto? Riflessioni di un perdente

di Gianni Marchetto

Ha vinto la novità contro la conservazione. E non è la prima volta che questo accade nei “territori” del centro sinistra così come nel centrodestra. A partire da Bossi, Berlusconi, Grillo, Salvini per approdare alla Meloni. Così come nel centrosinistra novità fu certamente Renzi, per approdare oggi alla Schlein. Chi ha perso? Una parte dell’establishment (i cui desiderata raramente vengono esauditi) e quella che una volta si sarebbe detta la classe operaia (la sinistra di classe). E questo da mo’. Perché? Per il semplice motivo che la lotta di classe l’hanno vinta gli altri. E da mo’.

Perché la “classe operaia” ha perso? Perché il suo partito di riferimento (il PCI) non aveva nessuna strategia per il potere degli operai. Parlo, evidentemente, del potere nei luoghi di lavoro: al massimo li lasciava sperare per il giorno in cui “adda venì baffone” e morta là! È nella seconda metà degli anni ’70 che nel PCI inizia il “declino” della forma partito, paradossalmente in concomitanza con le grandi avanzate elettorali nei comuni, nelle provincie, nelle regioni e in Parlamento.

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Costantino Cossu: Connessioni ecologiche: Haraway, Stengers e Latour

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Connessioni ecologiche: Haraway, Stengers e Latour

di Costantino Cossu

“Siamo l’ultima generazione che può agire concretamente per bloccare il suicidio collettivo e garantire un futuro”. Apre con queste parole il sito di Ultima generazione, il movimento ecologista protagonista di recente di atti di protesta non violenta e di disobbedienza civile. Subito sotto si legge: “Le lobby del fossile faranno di tutto pur di mantenere i loro profitti e condanneranno a morte milioni di persone, se necessario. Abbiamo il dovere morale di ribellarci a questo genocidio programmato. Se non protestiamo, se accettiamo questo crimine senza ribellarci, ne saremo complici”. Insieme con le iniziative di Extinction Rebellion, altro movimento ecologista che pratica come metodo la non violenza e la disobbedienza civile, le azioni di Ultima generazione hanno riportato il tema della crisi ecologica se non proprio al centro almeno dentro il perimetro della discussione pubblica.

Perimetro dal quale quel tema era uscito (o comunque era stato marginalizzato) per effetto del terremoto geopolitico innescato dalla guerra in Ucraina. Che si riprenda a discutere sulle soluzioni possibili per arginare danni che potrebbero rivelarsi devastanti, è un bene. Anche se la strada è stretta e in salita.

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Fabio Vighi: Capitalismo senile e demolizione controllata

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Capitalismo senile e demolizione controllata

di Fabio Vighi

capitalism banksySu quali principi si regge il capitalismo senile? Ne elencherò cinque in modo sommario, per poi discuterne gli intrecci:

1. Debito. L’unica strada verso il futuro del capitalismo continua a essere lastricata di programmi di creazione di liquidità. Creare denaro dal nulla, per metterlo in moto come credito, è l’unica strategia monetaria che ci permette di ignorare l’abisso che già si spalanca sotto i nostri piedi – come per il personaggio dei cartoni animati che, finito oltre il precipizio, continua a correre a mezz’aria sfidando la gravità. Tuttavia, come dimostra l’attuale violenta ondata inflazionaria – ancora in doppia cifra in Europa – l’attrazione gravitazionale è ormai irresistibile.

2. Bolle. Le bolle speculative, alimentate dal moto perpetuo del credito, costituiscono l’unico significativo meccanismo di produzione di ricchezza. Per questo motivo, la sola preoccupazione dei gestori del “capitalismo di crisi” è impedire la deflagrazione della mega-bolla. Ma mentre l’ultra-finanza distrugge la “società del lavoro”, la vita umana diventa eccedenza inutilizzabile, enorme surplus non-produttivo da amministrare creativamente.

3. Demolizione controllata. Dumping salariale e concorrenza al ribasso per posti di lavoro devastati dall’automazione tecnologica sono l’altro lato del paradigma di bolla. Affinché i mercati speculativi possano continuare a levitare, la società fondata sul lavoro (articolo 1 della Costituzione italiana) dev’essere gradualmente ma radicalmente ridimensionata, poiché l’attuale ipertrofia finanziaria richiede la demolizione della domanda reale. Detto diversamente, il “capitalismo dei consumi” si ricicla nel “capitalismo della gestione della miseria collettiva”, con annesso cambio di narrazione ideologica.

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Fabio Ciabatti: Marx e la narrazione storica tra necessità e contingenza

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Marx e la narrazione storica tra necessità e contingenza

di Fabio Ciabatti

George Garcia-Quesada, Karl Marx, Historian of Social Times and Spaces, Haymarket Books, Chicago 2022, pp. 190, € 27,42

Cover Garcia QuesadaBrancaccio, Giammetti e Lucarelli nel loro recente testo La guerra capitalista “si sforzano di indicare nel movimento costante del Capitale verso la sua centralizzazione il motore di ogni guerra imperialista”. Così sintetizza Sandro Moiso su Carmilla nella sua recensione (qui) che si chiude con alcune domande suscitate dalla lettura del libro: “quanto l’imperialismo occidentale e statunitense riuscirà ancora a centralizzare a proprio vantaggio il capitale mondiale? E, soprattutto, avrà davvero ancora la forza militare per farlo, come ai tempi delle cannoniere e delle operazioni di polizia internazionale?” Per rispondere a questioni di tale portata l’analisi econometrica portata avanti dai tre autori è senza dubbio necessaria. Ma si può anche affermare che sia sufficiente? L’economista Roberto Romano, in un’altra recensione, dà una risposta negativa. Pur apprezzando l’analisi dei tre autori citati sulla centralizzazione, Romano sostiene la superiorità della concreta analisi storica quando si devono spiegare dinamiche complesse che non sono riconducibili ad una mera analisi economico-quantitativa, ma devono tenere conto di livelli differenti come la politica, la politica economica, la geopolitica e la geografia economica (qui). Menziono questa discussione senza voler entrare nel merito, ma solo per richiamare l’attenzione sul fatto che alcuni nodi teorici, da sempre al centro della riflessione storica di ispirazione marxiana (e non solo), non rappresentano meri arzigogoli intellettuali. Essi, infatti, riemergono con forza quando si cerca di comprendere questioni di estrema attualità e drammaticità come quelle legate alla guerra in corso. In estrema sintesi, che rapporto c’è tra la necessità strutturale e la contingenza storica, tra le strutture sociali e l’agency, tra la macrostoria e la microstoria?

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Ludovico Cantisani: Il romanzo Mosè e l’archetipo di Freud

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Il romanzo Mosè e l’archetipo di Freud

di Ludovico Cantisani

Dalla collezione di S. Freud COURTESY THE LIBRARY OF CONGRESSMarx, Nietzsche, Freud: tre colossi del pensiero occidentale degli ultimi due secoli, accomunati dall’applicazione ossessiva di tattiche di svelamento che, pur facendo riferimento all’idea greca di verità nel loro procedere dialettico e nelle loro implicazioni tragiche, hanno aperto la strada alla modernità (non alla contemporaneità). Maestri del sospetto, li ha definiti Paul Ricoeur, con un’espressione giustamente diventata di moda. Capaci di formulare, soprattutto Marx e Freud, un pensiero in sé conchiuso ma capace di cambiare radicalmente le vite di quanti sarebbero entrati in contatto con le loro opere, tanto da prevedere, nel caso del primo, una perfetta continuità tra filosofia e politica, tra pensiero e azione.

Soprattutto dopo che lo stesso Freud ebbe formulato il tanto chiacchierato complesso di Edipo, il Novecento si affrettò nella lotta contro i padri: e in quel grandioso atto mancato che furono tutti i tentati parricidi del Novecento, gli stessi tre maestri del sospetto non uscirono indenni. Preso atto del parziale fallimento delle teorie marxiane, della loro non totale aderenza alla realtà e alla Storia per come si era sviluppata dal 1883 della morte del filosofo fino al 1917 della Rivoluzione d’Ottobre, già negli anni venti furono molteplici i tentativi di contro-analizzare Marx con i suoi stessi strumenti, a volte nell’esplicito intento di scrivere una nuova versione, ancora più “scientifica”, del Capitale. In maniera identica seppure in contesti completamente diversi, si tentò di muovere contro Nietzsche le sue stesse armi, il suo stesso martellare, e in quest’impresa si è affaccendata la più contraddittoria sequela di filosofi del Novecento, da Heidegger a Derrida, tutti impegnati a denunciare quanto Nietzsche fosse irretito da tutti quei sistemi di pensiero – il platonismo, l’immaginario giudaico-cristiano, l’illuminismo stesso in un certo qual modo – che aveva tentato di confutare.

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Domenico Moro: Armi, petrolio e gas: la guerra in Ucraina avvantaggia gli USA

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Armi, petrolio e gas: la guerra in Ucraina avvantaggia gli USA

di Domenico Moro

La guerra in Ucraina ha creato difficoltà economiche alla Ue, tra cui la crisi energetica e l’aumento dei costi di approvvigionamento di gas e petrolio, ma ha determinato grandi vantaggi per l’economia degli Usa. Ad avvantaggiarsi sono due settori molto importanti del sistema produttivo statunitense: gli armamenti e l’estrazione di gas e petrolio.

Già nel 1961 il presidente statunitense Dwight Eisenhower aveva messo in guardia l’opinione pubblica sul Complesso militare industriale, che, attraverso l’integrazione tra Forze armate e industria, rappresentava un centro di influenza importante sulle decisioni politiche degli Usa. La forza del Complesso militare industriale si è mantenuta intatta fino a oggi: l’industria bellica impiega ben 800mila addetti e, da sola, la prima impresa bellica del Paese, la Lockheed, riceve più fondi pubblici del Dipartimento di Stato, che è in pratica il ministero degli esteri statunitense, e di Usaid, l’agenzia per lo sviluppo internazionale, messi insieme.

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Pasquale Cicalese: Il Toro ferito Usa e l’ultima (disperata) mossa della FED

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Il Toro ferito Usa e l’ultima (disperata) mossa della FED

di Pasquale Cicalese

L’onda lunga delle sanzioni e della confisca delle riserve valutarie russe.

Boomerang per l’Ue, per molti mesi, prezzi energetici alle stelle, prezzi alla produzione al 40%, quando in Cina non arrivava, al suo picco, al 12.

Ora in Cina c’è deflazione dei prezzi alla produzione, mentre in Ue stanno diminuendo, ma sono sempre alti. In Italia, ultimo dato, a gennaio sono diminuiti del 7.5%.

Prezzi alla produzione che in questi mesi si sono riversati a valle sui prezzi al consumo, con inflazione alle stelle. Ciò ha provocato un’ulteriore diminuzione del potere d’acquisto dei salariati, inflazione non protetta da alcuna rivendicazione sindacale, tranne gli autonomi, per riallineare i salari.

Anzi, Bce e Banca d’Italia a rinnovare appelli contro la rincorsa salari prezzi. Come nel change euro-lira del 2002, anche questa inflazione provocherà nei prossimi anni un’ulteriore decadenza europea e la marginalizzazione dal mercato mondiale, avendo distrutto del tutto quel che rimaneva della domanda interna, domanda interna su cui si basa la strategia della Cina in futuro e del nuovo corso economico di Putin.

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Daniele Muriano: Teoria del complotto e teoria del candore

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Teoria del complotto e teoria del candore

di Daniele Muriano

Definisco teoria del candore un sistema di affermazioni generiche, e per questo indimostrabili, sulla “natura” di un qualcosa, spesso un soggetto istituzionale o una superficie del potere, che viene descritto come moralmente ineccepibile, buono negli scopi e giusto nei metodi, per definizione e in maniera che si vorrebbe inconfutabile. Giusto un paio di esempi:

Come sappiamo, negli anni ’50 l’industria del tabacco inquinò la ricerca scientifica, finanziando studi farsa o decisamente fuorvianti, per evitare che la gente sapesse la verità sulla cancerogenesi del fumo. Il TIRC, un comitato per la ricerca finanziato dai diretti interessati, era la fucina propagandistica costruita per questo scopo. L’opinione pubblica era quindi divisa. C’era chi affermava che i potenti di turno manomettevano nell’ombra la ricerca scientifica, e c’era chi rigettava questa “ipotesi complottista” facendo leva sulla buona fede indimostrabile di quelle multinazionali. Fiorivano teorie del candore, secondo cui nessuno metterebbe in commercio un prodotto nella consapevolezza che provoca il cancro, perché semplicemente non sarebbe pensabile.

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Michele Manfrin: Si pensava fosse scienza, invece era Speranza

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Si pensava fosse scienza, invece era Speranza

L’ultima svolta dall’inchiesta Covid

di Michele Manfrin

Dall’informativa della Guardia di Finanza depositata presso la Procura di Bergamo in riferimento all’indagine in corso a carico di 19 persone, tra esponenti del governo, tecnici e politici locali in carica durante la prima fase pandemica, emerge un chiaro quadro di commistione tra autorità politiche e scientifiche tale da rendere indefinibile il confine tra le due, con la seconda utilizzata come giustificazione per l’operato politico. Gli organi di governo hanno pesantemente interferito e utilizzato il Comitato Tecnico Scientifico, creato dal medesimo governo, e che avrebbe dovuto operare autonomamente per fornire dati, studi e suggerimenti col fine di concordare e legittimare l’operato del medesimo governo.

In un capitolo intitolato “Commistione tra Organo tecnico e Organo politico” dell’informativa della Guardia di Finanza – riportata da alcuni organi di stampa – si legge: «Il Cts era nato come ausilio e supporto tecnico scientifico per il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, anche se poi è diventato non solo un organo consultivo del potere politico».

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Andrea Zhok: Unione europea e crisi migratoria

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Unione europea e crisi migratoria

di Andrea Zhok

Come ampiamente previsto il tema della pressione migratoria si sta ripresentando con forza. Naturalmente in questa rinnovata salienza gioca un ruolo anche l’opportunità di mettere le promesse del governo Meloni alla prova dei fatti, ma questo rientra nel legittimo gioco politico delle opposizioni (e dell’esteso apparato mediatico che ne rispecchia le posizioni).

Tuttavia il punto di fondo è che ogni crisi degli equilibri internazionali si ripercuote più severamente sugli anelli più deboli, e il doppio colpo Covid + Guerra Russo-Ucraina rappresenta la più pesante crisi dalla Seconda Guerra Mondiale. Ora arriva semplicemente il conto relativo.

In Italia gli anni esplosivi dell’immigrazione sono stati quelli tra il 2011 e il 2017, e seguono la combinazione tra effetti mondiali della crisi subprime (dal 2008) e avvio delle cosiddette “primavere arabe” (dal 2010).

Il tema migratorio è il primo tema che ha esplicitato l’inadeguatezza dell’Unione Europea al ruolo di cui era stata accreditata.

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