Sequestro nave “Mar Jonio” con a bordo migranti salvati da aggressione, Franco Berardi: “Naufragio”

Franco Berardi – 07/04/2024

https://francoberardi.substack.com/p/naufragio

 

Quello che si svolge quotidianamente nel Mediterraneo è parte del naufragio della civiltà umana

Il Ministro degli Interni, Piantadosi, ha dato mandato di sequestrare la Mar Jonio, la nave che ha salvato una sessantina di persone nel mar Mediterraneo dopo avere subito un’aggressione armata delle bande criminali finanziate dall’Unione europea per sterminare i migranti che fuggono dalla Libia. I volontari che hanno compiuto il salvataggio sono stati accusati “di aver istigato la fuga dei migranti per sottrarsi alla guardia libica”.

Il genocidio concepito dal nazista democratico Marco Minniti e proseguito dal nazista leghista Matteo Salvini compie così un nuovo salto di qualità. Ora i guardiani libici cui noi paghiamo lo stipendio sparano a chi cerca di salvare umani che stanno annegando. E le autorità italiane sequestrano le barche che si permettono di sottrarre degli umani all’Olocausto che Minniti e Salvini hanno progettato.

“Non ti ho chiesto io di partire. Sei tu che l’hai voluto, e se non ti volevi bagnare, amico mio, non dovevi imbarcarti…… Adesso bisogna che pazienti, amico, devi dire agli altri che stanno affondando con te, di calmarsi e di staccare il telefono, tu e tutti gli altri che tutte le sere salgono su dei canotti malandati, senza bussola, senza fuochi di segnalazione, in trenta su una plancia che può appena sopportare il peso di cinque, senza strumenti senza punti di riferimento, senza conoscenza del mare, con delle donne e dei bambini.“ (Vincent Delacroix: Naufrage. Gallimard, 2023, pag. 15, 16).

Naufrage di Vincent Delacroix è un romanzo ispirato da una storia reale, di cui ha parlato la stampa: nel novembre del 2021 una barca di migranti aveva fatto naufragio nella Manica, in acque inglesi, ma troppo lontana da una barca inglese per essere salvata. A poca distanza dal malandato canotto dei migranti c’era una nave francese che avrebbe potuto salvare i naufraghi se fosse stata avvertita. Ma secondo quanto stabilì l’indagine successiva, l’operatrice francese incaricata di coordinare gli interventi della Guardia Costiera aveva rifiutato di comunicare il pericolo a questa nave francese.

Inoltre, quando in piena notte una barca di passaggio aveva notato che c’era un’imbarcazione in pericolo, e aveva telefonato all’ufficio della capitaneria di porto, l’operatrice aveva detto che non era il caso di preoccuparsi, che ci potevano pensare gli inglesi.

Ventisette persone, tra cui alcune donne e una bambina morirono annegate.

Perché l’operatrice decise di non salvare quegli sventurati? Pigrizia, trascuratezza, o una volontà cosciente o inconscia di punire i migranti?

Se ne occupino gli inglesi, aveva detto, ma sapeva benissimo che gli inglesi non avrebbero fatto a tempo a salvarli.

Vincent Delacroix cerca di immaginare tutte le ipotesi partendo dalle registrazioni delle telefonate dell’operatrice, da cui si deduce chiaramente che la signora non ha fatto il suo dovere, per esprimersi in maniera eufemisticamente burocratica. Il marito della signora, Eric è un uomo cinico, cattivo, uno che vota per Le Pen. Più volte, parlando con la moglie, aveva detto che “perché ci diamo tanta pena per aiutare questi parassiti…”

Ma poi Eric l’aveva lasciata con la bambina, se n’era andato a ubriacarsi ogni giorno per conto suo. La vita della nostra operatrice non è bella, questo è chiaro.

“Quando Eric se n’è andato, quando ho dovuto chiedergli di andare e in effetti finalmente se n’è andato, e io mi sono ritrovata sola con mia figlia e non ce la facevo più, andare avanti da sola con mia figlia, e io affogavo, chi è venuto in mio aiuto, chi ha cercato di salvarmi? Nessuno.” (Pag. 118).

Sarà questa la ragione per cui non ha fatto la telefonata che avrebbe dovuto fare? Delacroix non pretende di rispondere alla domanda, ma cerca di capire. La procuratrice che indaga sul caso ricapitola i fatti con chiarezza:

“La guardia costiera inglese era troppo lontana dall’imbarcazione, mentre il pattugliatore francese era a soli venti chilometri, e se qualcuno si fosse deciso veramente a mandarlo, come del resto gli inglesi avevano chiesto esplicitamente di fare, non ci sarebbero ventisette cadaveri in più nella Manica…. Cosa debbo concludere? Che lei si è sbagliata? Che lei è stata negligente? O piuttosto che lei ha dato prova di una volontà malvagia, mostrandosi insensibile alla sorte di quella gente e lasciandoli morire? O tutte e tre le cose insieme?” (46-7)

L’operatrice appare glacialmente sicura di sé. Non è il mio lavoro, dice, quello di commuovermi per la gente che annega. Il mio lavoro è salvarli, e ne ho salvati tanti. Ma non mi lascio coinvolgere.

“Cercano di tirarvi a sé, dice, le loro voci al telefono come degli uncini che cercano di afferrare l’attenzione per tirarvi giù. Le loro voci sono il canto delle sirene, bisogna resistere e tapparsi le orecchie.” (52)

Quel che dice questa donna è comprensibile, condivisibile persino. Non si tratta di commuoversi, di agitarsi, si tratta di eseguire le operazioni necessarie per salvare delle vite. Questo è il suo lavoro. Ma se il suo lavoro è quello di salvare vite, in questo caso non l’ha svolto in modo efficace, e molte persone sono morte.

Non ha avvertito la nave francese che avrebbe potuto arrivare in tempo per salvare i naufraghi per la semplice ragione che il gommone era ormai in acque inglesi e spettava agli inglesi intervenire, anche se era evidente che non ce la potevano fare.

“….lo ripeto ancora, quello era un problema degli Inglesi, perché erano nelle acque inglesi e la questione non mi riguarda più.” (54)

Ma c’è un’altra ragione per cui la nostra operatrice, di cui Delacroix non ci dice il nome, ha scelto di lasciare che il naufragio si concludesse in modo tragico.

…”sono morti perché si sono messi a rischio, invece di restare a casa loro, non sono io che gli ho detto di partire…..” (62)

Il romanzo si compone di tre parti. Nella prima l’operatrice risponde alle domande della procuratrice. Due donne che si siedono l’una di fronte all’altra per parlare di un evento tremendo. La procuratrice si accalora, soffre, è sbigottita per la freddezza con cui l’operatrice si difende, si giustifica e spesso mente.

Nella seconda parte la scena cambia. Non più gli uffici della capitaneria di porto dove si svolge l’interrogatorio, ma il mare e la notte.

In questa seconda parte, in poche pagine viene raccontato il naufragio, il terrore, il silenzio, le urla, le telefonate.

Il ragazzo che poteva ancora usare il suo telefono ha fatto quattordici telefonate mentre il motore era spento e il canotto si sgonfiava e l’acqua saliva sulla plancia di fondo. Quattordici telefonate.

Ma lei rispondeva con voce scortese:

“Siete nelle acque inglesi sono gli inglesi che devono venire a cercarvi, rivolgetevi agli inglesi. Lui diceva aiutateci, stiamo affondando, e ripeteva per favore, mentre l’acqua li stava sommergendo. E lei risponde i soccorsi arrivano. La linea cadeva, un quarto d’ora più tardi lui richiamava. Le risposte erano sempre più laconiche. Aiutateci per favore. Non serviva a niente, ma lui richiamava. (92)”

Poi il canotto va a fondo, i migranti affogano, alcuni si dibattono, si afferrano alle corde del canotto che galleggia, e il ragazzo che aveva chiamato tante volte tiene alto sulla testa il suo telefono.

“Assurdamente brandiva il suo telefono al di sopra della testa per tenerlo fuori dall’acqua, mentre con l’altra mano si avvicinava alla salsiccia di gomma inutile, che alla fine ha lasciato andare per sparire sott’acqua.” (93).

Il naufragio è compiuto.

“Le esclamazioni le grida, i richiami si erano spenti uno dopo l’altro, con le parole stesse, e si sentiva solo lo sciacquio delle onde, una specie di silenzio universale in cui le voci sempre più rare mandavano un suono irreale.” (95)

Nella terza parte l’operatrice che cammina lungo la spiaggia, ripensa a quella notte, e cerca di spiegare a se stessa cos’ha fatto e perché.

Guarda il mare, e immagina che là sotto c’è

“tutto un popolo di annegati.. e lontano alla superficie, le sagome allungate dei cargo che passano, appena visibili come l’ombra di pesci immensi.” (128)

Il libro di Delacroix racconta una storia a cui siamo abituati da quando i popoli d’Europa si prefiggono in maniera sistematica l’obiettivo di annegare la gente, da quando è cominciato l’Olocausto mediterraneo di cui un nazista democratico di nome MInniti è l’architetto come Eichmann fu l’architetto di un Olocausto mittel-europeo.

Ma questi mille naufragi dei quali abbiamo notizie e più spesso non abbiamo notizia sono il naufragio della civiltà occidentale, son parte del naufragio universale nel quale stiamo affogando.

E nessuno risponde al telefono.

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