Rassegna 27/12/2024
Alberto Bradanini: La realtà dei conflitti mondiali oltre la propaganda e le rimozioni
La realtà dei conflitti mondiali oltre la propaganda e le rimozioni
di Alberto Bradanini
1. Il deprimente riflesso dei media occidentali – ai quali ci sforziamo di sfuggire quanto possibile – ci condurrebbe alla più profonda depressione, se non fossimo soccorsi dalla fede nell’avanzare dell’autocoscienza dell’uomo nella storia, poiché nel tempo breve non v’è alcuna speranza di intravedere nemmeno l’ombra di un orizzonte più sereno. Più vivo – affermava G. B. Shaw – più sono convinto che questo pianeta sia usato da altri pianeti come manicomio dell’universo. Ed è difficile dargli torto. Eppure, se occorre dar senso al tempo che rimane da vivere, esso è quello di distruggere con l’arma della verità tutto ciò che può essere distrutto.
Non passa giorno che Israele non uccida intenzionalmente giornalisti palestinesi a Gaza[1] (196 negli ultimi 14 mesi, tra i 45.000 palestinesi uccisi e 150.000 feriti!), mentre impedisce a chi è fuori di entrare nella Striscia per nascondere i disumani massacri di cui si rende colpevole davanti all’umanità, alla giustizia internazionale, all’etica delle nazioni e alla storia, protetto e armato dai loro complici occulti, gli Stati Uniti d’America.
In Siria, in contemporanea, l’esercito d’Israele, che insieme ai conniventi americani e turchi, ha dato il via libera ai tagliagole jihadisti, si espande oltre il Golan – che occupava illegalmente dal 1967 – e invade altre terre siriane (che B. Netanyahu dichiara non verranno restituite mai più!) nel garbato silenzio di Usa ed Europa, vocianti propugnatori del Diritto Internazionale. Non solo, mentre sulla carta firma il cessate il fuoco con Hezbollah, lo Stato Ebraico non smette di bombardare villaggi libanesi già martoriati, facendo ogni santo giorno decine di vittime. Tutto ciò sotto lo sguardo appagato della presidente della Commissione Ue, la tossica von der Leyen, caporal maggiore del cupo esercito Nato e la cui unica caratteristica degna di nota è l’obbedienza al globalismo atlantico. Nella Nato, si pensava di aver toccato il fondo con il tramonto di Jens Stoltenberg, dal nome altamente evocativo, ma non è così! Al suo posto quale Segretario Generale abbiamo ora tale Marc Rutte, anch’egli con un nome onomatopeico, che dispone per nostro conto di ridurre gli stanziamenti a pensioni e sanità per produrre armi destinate, secondo cotanta testa, a sconfiggere la Russia!
Eros Barone: Marxistizzare la dialettica hegeliana: Geymonat, Colletti e Althusser a confronto con Lenin
Marxistizzare la dialettica hegeliana: Geymonat, Colletti e Althusser a confronto con Lenin
di Eros Barone
Negli anni Settanta del secolo scorso due eventi di notevole importanza nella cultura italiana furono l’approdo di Ludovico Geymonat al materialismo dialettico e il costituirsi attorno al filosofo torinese, il quale da tempo insegnava presso l’Università Statale di Milano, di una scuola che sostenne un nuovo approccio alla filosofia marxista, rilanciando un tema tradizionalmente poco frequentato in Italia. 1 Riflettere sul significato, sul valore e anche sui limiti di questa esperienza culturale è necessario non solo per tornare a dipanare, nell’attuale congiuntura ideologica e teorica, il filo rosso del materialismo dialettico engelsiano e leniniano, ma anche per dimostrare, in primo luogo, che il marxismo ha un nucleo filosofico proprio e indipendente che si sviluppa in relazione alla lotta teorica, quindi in ultima istanza in relazione alla lotta di classe, e, in secondo luogo, che esso è in grado di conservare la sua autonomia nella misura in cui si sviluppa sulle proprie basi. Questa specificità e originalità del modo di concepire e di praticare la filosofia è un tratto saliente del marxismo, che non può venire meno senza che venga meno la sua stessa esistenza come filosofia: da qui nasce la necessità di riprendere in esame la concezione geymonatiana del materialismo dialettico a partire dalla individuazione della centralità di due testi quali Materialismo ed empiriocriticismo e i Quaderni filosofici che si possono considerare terreni elettivi per saggiare il significato e il valore di quella concezione.
In effetti, il primo di essi, come è ben noto, ha conosciuto nel ‘marxismo occidentale’ una tale ‘sfortuna’ (peraltro simmetrica alla ‘fortuna’ dei Quaderni filosofici) che, già per questo solo motivo, una simile sorte richiederebbe una specifica e approfondita riflessione (per converso, come è altrettanto noto, ha conosciuto la massima auge nel marxismo orientale): comprendere e spiegare quale precisa funzione teorica abbia svolto il suo rifiuto, parziale o totale, significherebbe scrivere un capitolo non secondario della storia del marxismo. Sennonché il problema di fondo, che sottostà all’uno come all’altro caso, è lo stesso: il problema cioè della concezione leniniana della scienza, che si sdoppia nei due distinti problemi del rapporto tra scienza e filosofia, da una parte, e del rapporto tra scienza e politica, dall’altra.
Fulvio Grimaldi: Mille anni di guerra agli arabi
Mille anni di guerra agli arabi
Erdogan, dove sta, dove va, con chi
di Fulvio Grimaldi
Non fosse che Israele si è presa, per tenersela in vista del Grande Israele, una bella fetta della Siria e che ne ha distrutto l’intero dispositivo militare, il protagonista assoluto del nuovo assetto della regione dovrebbe essere individuato in Erdogan e nei suoi propositi geopolitici.
Per questi è innegabile che, al di là del volatile e transitorio utilizzo che gli USA (ora presenti in Siria con migliaia di militari e tre grandi basi) hanno fatto dei curdi per consolidare occupazione e sfruttamento delle risorse economiche strategiche della Siria, condizionandone in tal modo ricostruzione e ogni futura mossa di chiunque se la mastichi, l’intesa operativa tra Washington e Ankara è solida e strategica.
Conta ormai poco, il mercenariato curdo e sono del tutto strumentali gli accordi che gli USA ci hanno stretto quando si trattava di preparare il terreno alla frammentazione della Siria e alla conquista delle sue regioni economicamente determinanti. Mercenariato sacrificabile alla prima occasione, come succede presto o tardi a tutti i portavivande dell’operazione unipolare globalista. Non hanno potere e tanto meno potere di ricatto. Sono serviti a contribuire alla destabilizzazione della Siria, a fare da sponda ai jihadisti e ai loro sponsor dall’altro lato del campo di battaglia, Israele. Ne sanno qualcosa i curdi del tempo di Saddam.
Fabio Mini: L’Ucraina capitola, ma la Nato è sorda
L’Ucraina capitola, ma la Nato è sorda
di Fabio Mini*
Ultimo sfregio a Kiev – La catena di comando dell’Alleanza atlantica pianifica la continuazione della guerra assegnando ai vari Paesi membri i compiti e fissando quante e quali risorse ognuno di essi deve dedicare alla difesa
Con l’intervista al quotidiano Le Parisien, il presidente Zelensky ha dichiarato la capitolazione militare dell’Ucraina. Nel nostro piccolo, l’avevamo annunciata tre anni fa, durante l’invasione, senza palla di vetro ma con un filo di ragionamento. Sarebbe bastato quello a evitare all’Ucraina mezzo milione di soldati eliminati e 10 milioni di cittadini scappati all’estero. La media di 14 mila soldati e 280 mila cittadini perduti, al mese, per anni. Ed è questo dato nudo e crudo che oggi dovrebbe far ragionare chi sta decidendo la continuazione a oltranza della guerra. Ma in quei giorni Zelensky e chi lo appoggiava dandogli armi e idee fantasiose e disastrose, ma comunque criminali, non volevano ragionare. Per questo siamo stati imbottiti di stupidaggini a tutti i livelli, mentre si tenevano opportunamente nascoste tutte le vulnerabilità di una nazione approntata e addestrata per la guerra nei venti anni precedenti, una guerra impari contro i suoi stessi cittadini. Una guerra militare e paramilitare, di polizia e bande armate contro i cittadini autonomisti e una guerra civile contro tutti i russofoni, ma anche i romeni, gli ungheresi e i carpatici: vale a dire buona parte dei cittadini ucraini e la quasi totalità di quelli del Donbas e della Crimea.
Carlo Milani: La letizia del dilettantismo. Avvocature e tecnologie
La letizia del dilettantismo. Avvocature e tecnologie
di Carlo Milani
Persone abili nell’avvocatura possono smontare tutte le argomentazioni degli “esperti”. Per estinguere non il valore dell’esperienza, bensì l’asimmetria di potere di chi si pretende esperto. Servono tutte le capacità, e mescolarle fra loro, con la letizia del dilettantismo
È da poco in libreria una raccolta di brevi saggi di Paul K. Feyerabend (1924-1994), Conoscenza e libertà. Scritti anarco-dadaisti.
Non nascondo la mia ammirazione per Feyerabend, filosofo della scienza inviso all’accademia e la cui eredità è andata dispersa, infranta sugli scogli del dogmatismo, delle politiche identitarie, delle “verità” urlate perché “oggettive”.
Feyerabend è stato un libero pensatore. Ho cercato più volte di imitare il suo stile, ad esempio il suo ricorso a brevissimi riassunti in calce ai capitoli della sua opera più nota, Contro il metodo (Against the method, 1975), una sorta di “TL; DR” (Too Long; Didn’t Read) che mi risuona molto: offrire a chi legge una panoramica svelta, ma non grossolana, di quel che troverà nel capitolo. Soprattutto, trovo magnifico il fatto che fa ridere, è molto divertente, è intriso di un umorismo affilato ma solidale, non sarcastico e non ironico: umoristico.
Andrea Balloni: La ribellione addomesticata
La ribellione addomesticata
di Andrea Balloni
Non sono un grande fruitore del mezzo televisivo. Mi rendo conto tuttavia che a volte questo mio atteggiamento un po’ supponente, ma anche autodifensivo, mi porta mio malgrado a perdermi alcuni dei sintomi della malattia che ci colpisce tutti qui nella colonia: la propaganda di regime. Non vedere i TG generalisti, per esempio, mi illude di potermi tenere fuori da un mondo travisato e manipolatorio, falso e ricattato, che invece è, sussiste, ci condiziona e che deve essere invece conosciuto e stigmatizzato.
E così qualche giorno fa mi sono imbattuto nel nuovo siparietto pubblicitario di Trenitalia e sono trasalito. Vi riporto il testo:
“I veri ribelli oggi rispettano le regole, non si muovono soli contro tutti, ma uniti, per il bene di tutti. Cambiare il mondo per loro significa pensare al pianeta; sono giovani di tutte le età e i pregiudizi li abbattono ancora. […] i veri ribelli oggi scelgono di muoversi in sintonia con i tempi.”
Colonna sonora: “Rebel rebel” di David Bowie.
I messaggi veicolati da questo capolavoro mediatico sono molti: il primo è la semplice pubblicità ai treni regionali di Trenitalia, e va bene; gli altri sono tutti messaggi di pura manipolazione dell’opinione pubblica: l’attenzione all’ecologia (di per se cosa lodevole, ma che si incarna inevitabilmente nella farsa green di matrice liberal e tecnocratica, tanto cara al disegno complessivo di revisione economica e sociale angloamericano), poi il contrasto ai “pregiudizi” (anche qui con una declinazione ipocrita e strumentale); ma la parte più importante, il cuore della missiva è l’insegnamento intorno al postulato ossimorico della Fine della ribellione, ovvero che oggi non è più dato ribellarsi, che lo spazio per la ribellione è controllato ed è solo quello che viene deciso altrove.
Antonio Semproni: “Lessico del neoliberalismo. Le parole del nemico”: una recensione
“Lessico del neoliberalismo. Le parole del nemico”: una recensione
di Antonio Semproni
In “Lessico del neoliberalismo. Le parole del nemico” (Autori vari de La Fionda, Rogas, 2024) sono commentati i termini e le espressioni che la cultura neoliberale ha coniato o di cui si è appropriata, risemantizzandoli, per costruire un senso comune trasversale al tessuto sociale e perciò atto a negare la pensabilità di un’opposizione all’ordine neoliberale o comunque di una trascendenza di quest’ordine.
Questi termini ed espressioni corrispondono a concetti che Herbert Marcuse riterrebbe operativi, cioè la cui descrizione si esaurisce in una serie di operazioni e, tramite queste, in una o più funzioni. I concetti operativi designano quindi la cosa nella sua funzione, realizzando un’identificazione tra cosa e funzione, per cui attributo precipuo della prima è il suo ruolo servente l’ordine esistente. Così, per esempio, l’economia sociale di mercato dovrebbe soddisfare i bisogni sociali e le tecnologie smart dovrebbero risultare sempre e comunque intelligenti e pertanto profittevoli all’uomo.
L’operazionismo – cioè la definizione dei concetti in senso operativo – astrae dalla cosa in sé, dal complesso delle sue potenzialità che, se estrinsecate, la porrebbero in una relazione rinnovata con l’insieme di altre cose che compongono l’ordine esistente: una relazione che potrebbe anche assumere tratti conflittuali. Il concetto operativo rimuove dunque dalla cosa qualsiasi portata negatoria dello status quo o anche solo ostativa alla direzione indicata dal progresso. Così, per esempio, il concetto di concorrenza, se consideriamo l’etimologia del termine, indica l’azione di correre insieme e dunque dovrebbe escludere la competizione senza scrupoli tra gli operatori economici, dando piuttosto adito o a una regolamentazione statale che detti loro i tempi e i modi di realizzazione del bene comune o, addirittura, a una collaborazione orizzontale tra di essi.
Salvatore Bravo: Antigone e noi
Antigone e noi
di Salvatore Bravo
Letteratura e filosofia greca
Vi sono opere eterne, il cui significato polisemico cela la verità della condizione umana che si presta a una molteplicità di letture condizionate dalle circostanze storiche. La verità è nella storia e si svela in essa, pertanto vi sono nuclei veritativi filtrati mediante l’orizzonte storico-mondano in cui l’essere umano è situato.
La letteratura greca è fonte di verità come la filosofia, si utilizzano linguaggi differenti ma in esse si colgono verità intramontabili. La verità non brilla al di là dello spazio e del tempo, essa è nel mondano, quindi pone problemi interpretativi, e nei differenti periodi storici un particolare aspetto della verità prevale sugli altri. La verità è prismatica e dinamica, è unità che contiene e relaziona una pluralità di aspetti tra di loro razionalmente congiunti in una fitta rete di relazioni. La letteratura e la filosofia greca sono creazioni politiche, in esse sono iscritte le progettualità politiche nelle quali il processo che conduce dal particolare al generale si rende reale e razionale mediante il confronto dialettico. La tragedia è processo di superamento concettuale delle scissioni che conducono a una conflittualità nichilistica e irrazionale.
La letteratura e la filosofia greca, dunque, non possono essere spiegate con il semplice rapporto struttura-sovrastruttura, tale consapevolezza vi era anche in Marx. La verità eccede la storia pur vivendo in essa. L’eterno si materializza nella storia. Marx è autore di stampo idealistico, egli è un hegeliano in tale prospettiva, poiché l’eterno si svela nella storia. Ogni semplicismo rischia di introdurre l’irrazionale il quale comporta una contrazione della capacità di decodificare la verità nel suo disvelamento storico.
Il mondo greco è per Marx un problema, poiché sfugge alle categorie del materialismo, vi è in esso un’eccedenza che esige altre categorie per poter essere interpretato e compreso. La verità della condizione umana ha un nucleo profondo che sfugge all’applicazione meccanica di taluni schemi preordinati:
Livio Cerneca: Il 1984 che non finisce mai
Il 1984 che non finisce mai
di Livio Cerneca
Lo spettacolo ispirato a Orwell al Politeama Rossetti
È nozione comune che abbia formulato profezie, immaginato distopici scenari futuri e prefigurato tecnologie di controllo estremo. Ma con 1984, George Orwell ha solo descritto una realtà che già era sotto i suoi occhi. Le ha dato una veste letteraria piena di suggestioni, certo, ma quando si ha la capacità di osservare con distacco le persone, sia come individui sia come massa, è facile essere scambiati per preveggenti.
Non è invece affatto facile trasporre in versione teatrale un romanzo come 1984. Se però non si ha la pretesa di restare fedeli al testo originale e si introducono piccoli espedienti narrativi per agevolare lo spettatore che non lo ha mai letto, allora l’operazione può funzionare.
Per la regia di Giancarlo Nicoletti e con i protagonisti Ninni Bruschetta, Woody Neri e Violante Placido, il palcoscenico del Politeama Rossetti di Trieste è lo specchio dove ritroviamo il nostro presente e il nostro destino nell’adattamento di Robert Icke e Duncan Macmillan. Gli altri interpreti dello spettacolo sono Silvio Laviano, Brunella Platania, Salvatore Rancatore, Tommaso Paolucci, Gianluigi Rodrigues, Chiara Sacco.
Abbiamo sempre meno parole per esprimere quello che proviamo, e delle parole che restano ci siamo abituati a confondere o addirittura capovolgere il significato. Chiamiamo operazioni di pace gli interventi militari.
Davide Malacaria: I demoni che dilagano in Siria
I demoni che dilagano in Siria
di Davide Malacaria
Larry Johnson: “Erdogan ha liberato i demoni dell’eccezionalismo turco/ottomano in tacita complicità con l’ambizione escatologica israeliana. Sarà un disastro”
Una delegazione americana si è recata a Damasco per incontrare al Jolani, il leader di Tahrir al Sham (HTS), già al Qaeda, nel primo contatto ufficiale dopo la sua presa del potere (nel segreto, gli Usa lo sostenevano da tempo). Non è il primo incontro tra i nuovi padroni della Siria e i Paesi Nato, dal momento che gli americani sono stati preceduti da turchi e inglesi, che si sono precipitati a portare le loro felicitazioni al loro terrorista di fiducia e a discettare sul futuro del Paese.
Futuro che appare incerto, dal momento che la Turchia non ha deposto l’ascia di guerra contro i curdi, inquadrati nelle Forze democratiche siriane (SDF), che controllano per conto degli Stati Uniti la parte Nord orientale del Paese. E ciò nonostante il fatto che gli Usa si prodighino nell’opera di mediazione, dichiarando che il cessate il fuoco raggiunto tra SDF e le milizie filo-turche, che scadeva lunedì, sia stato prolungato. Tale dilazione è stata negata da Ankara.
Né si sa bene come i jihadisti che hanno preso il potere si comporteranno nei confronti delle minoranze, che già vengono prese di mira con esecuzioni sommarie e altre forme di violenza nel silenzio della stampa occidentale, ancora troppo concentrata a gioire per i nuovi padroni della Siria e a raccontare gli asseriti crimini di Assad.
Alessandro Volpi: C’è BlackRock dietro l’assalto di Unicredit al sistema bancario europeo
C’è BlackRock dietro l’assalto di Unicredit al sistema bancario europeo
di Alessandro Volpi
Dietro le mosse di Unicredit sullo scacchiere bancario ci sono gli interessi di BlackRock nel risparmio e nel credito privato in Europa
L’assalto di Unicredit al sistema bancario europeo non ha davvero nulla di “italiano”, ma rappresenta l’ennesima offensiva dei grandi fondi statunitensi. L’azionista principale di Unicredit è infatti con oltre il 7% BlackRock, a cui sono legati altri fondi presenti nella compagine sociale di UniCredit. Peraltro, nel complesso, il capitale “italiano” della banca arriva a malapena al 6%. La scalata fatta in larga prevalenza con strumenti derivati a Commerzbank – di cui UniCredit ha in mano ora quasi il 30%, ovvero la soglia per il lancio di un’Opa, e che ha provocato l’irritazione del governo tedesco – è quindi l’espressione di una volontà delle Big Three di impossessarsi del risparmio europeo.
Anche dietro lo scontro tra Unicredit e Crédit Agricole c’è il fondo statunitense
Nella stessa logica si è posta l’Offerta pubblica di scambio operata sempre da UniCredit verso Bpm. Evitare che si formi un altro “colosso” bancario con la presenza del grande avversario dei fondi statunitensi, costituito da Credit Agricole.
comidad: DDL Sicurezza: un’operazione nostralgia che ammicca alla polizia
DDL Sicurezza: un’operazione nostralgia che ammicca alla polizia
di comidad
La fintocrazia ha i suoi risvolti truci e trucidi, come nel caso del DDL Sicurezza del governo Meloni, nel cui testo ci sono dettagli veramente spassosi. Ad esempio, nell’articolo 28 si autorizzano gli agenti delle varie polizie a portare armi private oltre a quelle di ordinanza. Agli elettori della Meloni vien fatto credere che ciò indurrà gli agenti a farsi giustizieri sommari del crimine; mentre, al contrario, si tratta di un’oggettiva licenza rilasciata agli agenti per consentirgli di arrotondare il magro stipendio facendo rapine, estorsioni od omicidi su commissione, anche in orario di servizio; cosa che peraltro già avviene, ma sinora il fatto di portare armi private poteva risultare sospetto e rappresentare un indizio a carico, mentre per il futuro si prospetta una totale impunità.
Il DDL propone al pubblico una visione idealizzata delle forze dell’ordine, facendo finta di ignorare che nella società attuale gli agenti di polizia sono centinaia di migliaia. In Italia se ne calcolano più di duecentotrentaquattromila, considerando le tre principali forze; ma il numero probabilmente è sottostimato. La gestione di tanti “tutori dell’ordine”, cioè di tante persone armate che hanno a disposizione illimitate occasioni di delinquere impunemente, rappresenta di per sé un grave problema di ordine pubblico, ma è imperativo far finta di dimenticarselo, sia per la destra, sia per la “sinistra”. Tutto il DDL non fa che ammiccare alle presunte “forze dell’ordine”, facendo loro intendere che gli si aprono infiniti spazi di abuso e impunità.
Nicolò Monti: La famiglia tradizionale non esiste. La rivoluzione della famiglia nella DDR
La famiglia tradizionale non esiste. La rivoluzione della famiglia nella DDR
di Nicolò Monti*
Nella Repubblica Democratica Tedesca esisteva un’agenzia stampa che stampava opuscoli atti a raccontare nel dettaglio cos’era la DDR. Tutti gli opuscoli venivano scritti in più lingue e pubblicati in più paesi, soprattutto in Europa. In uno di questi, intitolato “La Vita nella DDR” c’è un intero capitolo dedicato al concetto di famiglia che vigeva nella Germania Socialista. Per ogni argomento si spiega quali leggi e diritti concorrono alla formazione e alla sicurezza delle famiglie tedesche. Nella prima pagina del capitolo la frase iniziale dice già molto: “La famiglia media non esiste”. Perché i comunisti sono “contro” la famiglia? No, sono contrari solo a quella borghese. Il libro continua infatti la frase con: “poiché ogni famiglia vive in maniera diversa dalle altre, in modo del tutto individuale, secondo la propria concezione della felicità e dell’armonia.”
È importante partire dal presupposto che il femminismo rivoluzionario è parte fondamentale nella concezione di famiglia e di conseguenza anche nella sua strutturazione. Nella DDR la parificazione legale, cioè dinanzi alla legge, di uomini e donne non era il punto di arrivo del socialismo, bensì il presupposto per l’avvio di un percorso di emancipazione e decostruzione che comprendeva entrambi i sessi. Seguendo l’idea marxista per la quale cambiando le condizioni materiali si potrà cambiare la coscienza delle persone, nella DDR l’intervento dello stato era concentrato non nel decidere quale “modello” di famiglia imporre, ma nel garantire materialmente la più ampia libertà di scelta agli individui, fornendo a tutti una consolidata sicurezza sociale.