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NATO, Russia e le radici della crisi: verso una possibile pace o verso l’abisso?

Giuseppe Salamone – 29/05/2025

https://giuseppesalamone.substack.com/p/nato-russia-e-le-radici-della-crisi

 

Uno dei nodi centrali per la fine del conflitto tra Russia e Ucraina è da sempre lo stesso: il non allargamento della NATO verso est, fino ai confini russi. A confermarlo, ancora una volta, è la Reuters, riportando le condizioni poste da Mosca per un eventuale accordo di pace. La Russia pretende garanzie scritte sul fatto che l’Alleanza Atlantica non ingloberà Ucraina, Georgia e Moldavia, chiedendo esplicitamente la neutralità di Kiev come precondizione.

Non è una novità per chi, già anni fa, denunciava che l’espansione NATO fosse il vero detonatore della crisi. Accuse di “spionaggio per il Cremlino” venivano rivolte a chi osava sollevare la questione. Eppure, oggi è sempre più evidente che le “cause profonde” del conflitto di cui Mosca parla da tempo, siano reali e strutturali.

La strategia di espansione della NATO non è frutto del caso. Già nel 1994, sotto la presidenza di Bill Clinton, fu avviato il percorso per portare l’Ucraina nella sfera di influenza atlantica. Un progetto poi proseguito da tutti i presidenti americani successivi, alimentato anche dal sostegno di altri attori occidentali. E nonostante gli evidenti segnali di tensione, negli ultimi anni si è premuto sull’acceleratore: nel 2019, l’ingresso nella NATO è stato persino inserito nella Costituzione ucraina. Parallelamente, sono stati accolti nuovi membri come Svezia e Finlandia e si continua a spingere per Georgia e Moldavia.

La narrazione dominante in Occidente continua però a descrivere il conflitto come una “guerra non provocata”, oscurando il contesto geopolitico che l’ha preceduta. Intanto, il clima in Europa si fa sempre più bellicoso. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz – descritto da molti critici, a ragione, come vicino agli interessi di grandi fondi d’investimento come BlackRock – spinge per un coinvolgimento militare diretto contro la Russia, incluso l’uso di armi occidentali in profondità sul territorio russo.

Non si è fatta attendere la risposta di Mosca: il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che “la Germania sta scivolando lungo lo stesso piano inclinato che l’ha già portata al collasso un paio di volte nel secolo scorso”. Un’allusione pesante che richiama il passato nazionalista e militarista tedesco.

Ma cosa rende la Russia così temuta in Occidente?

Quando Vladimir Putin assunse il potere nel 1999, la Russia era un Paese in ginocchio: il PIL si aggirava intorno ai 195 miliardi di dollari, le riserve auree erano ridotte all’osso (circa 50 tonnellate) e la nazione era ancora sotto il peso delle disastrose riforme degli anni ’90. Oggi la situazione è completamente diversa: il PIL è cresciuto fino a superare i 2.270 miliardi di dollari (dati 2013), mentre le riserve auree hanno superato le 2.400 tonnellate.

Nel 2024, secondo i dati a parità di potere d’acquisto (PPP), la Russia è la quarta potenza economica mondiale, con 5,7 trilioni di dollari, superando Germania e Giappone. Anche sul piano militare, dal 2007 l’esercito russo è tornato al secondo posto a livello globale, superando temporaneamente la Cina.

Non si tratta solo di potenza economica o militare: Mosca ha saputo risollevare i principali indicatori sociali, riducendo la povertà, migliorando la sanità e limitando l’influenza degli oligarchi. Questo risveglio russo ha rappresentato un pericolo strategico per l’ordine unipolare dominato dagli Stati Uniti e per l’integrazione economica eurasiatica che avrebbe potuto avvicinare pericolosamente Russia e Germania, cuore industriale dell’Europa.

In questo quadro, la guerra non appare più come un evento isolato o frutto di follia individuale, ma come il risultato di un lungo processo di attriti geopolitici. Riconoscerlo non significa giustificare, ma comprendere. E forse, proprio da questa comprensione, potrà nascere la base per una vera trattativa di pace. Ascoltando attentamente la Russia che è un grande Paese. Soprattutto per gli interessi dei Paesi Europei, Italia in primis.

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