“Al nostro fianco, Fidel”

Frank Josué Solar Cabrales – 08/08/2023

Al nostro fianco, Fidel | Centro Fidel Castro Ruz

 

Il Comandante deve continuare ad essere il compagno che ci guida, il leader che ci incoraggia, il pensiero che ci guida, la voce che continua a chiamarci, come alla vigilia della Baia dei Porci, ad occupare le nostre posizioni di combattimento in difesa della più bella opera di giustizia che l’umanità abbia mai conosciuto

Fidel non doveva essere Fidel. Avrebbe potuto essere un avvocato di successo, con una vita tranquilla, tranquilla e confortevole, senza shock materiali. O di aver raggiunto una posizione di rilievo nella politica repubblicana tradizionale, che gli avrebbe garantito prestigio, privilegi e vantaggi. Non solo proveniva da una famiglia benestante, ma anche dalla combinazione di una serie di valori e caratteristiche personali che gli facevano presagire un futuro radioso in qualsiasi carriera scegliesse per la sua vita, secondo l’acuta osservazione di uno dei suoi professori. Aveva, secondo il trovatore, diverse sedie che lo invitavano a sedersi.

Ma ha scelto la strada più difficile, e allo stesso tempo la più degna di un essere umano: quella del servizio, del donarsi agli altri, della lotta instancabile per la giustizia e la liberazione dei popoli. Vale a dire, scelse la via della Rivoluzione e offrì ad essa la sua esistenza.

Era un ribelle incallito e impenitente. Ancor prima di diventare un rivoluzionario, un Martín, un marxista, aveva già forgiato fin dall’infanzia e dall’adolescenza un carattere non sottomesso che si ergeva energicamente di fronte all’ingiustizia e all’arbitrio. Era una condizione che non lo abbandonava mai. Non solo si è ribellato alla dittatura e all’imperialismo nordamericano, ma anche ai dogmi che hanno decretato l’impossibilità di una rivoluzione a Cuba, alla geopolitica che assegnava un ruolo subordinato e irrilevante nell’arena internazionale a una piccola isola sottosviluppata come la nostra, o al “senso comune” che normalizza la discriminazione e il dominio.

Lo spirito ribelle di Fidel incontrò all’Università dell’Avana le idee più avanzate e radicali del suo tempo, e lì iniziò un processo di apprendimento politico e di sviluppo della sua coscienza rivoluzionaria. La componente essenziale della sua formazione politica proveniva dalla tradizione di ribellione del popolo cubano, dall’eredità delle sue lotte per la liberazione nazionale e la giustizia sociale. Fidel si è nutrito dell’accumulazione di una cultura politica radicale preponderante nel pensiero e nell’azione dei rivoluzionari cubani, che ha avuto in Martí il suo principale maestro e il suo esponente più eminente, e che ha fornito al paese una rivoluzione popolare di indipendenza e una lunga successione di lotte e di idee per la giustizia e la libertà.

La Rivoluzione cubana è stata l’eresia che, guidata da Fidel, non solo ha completamente sovvertito l’ordine sociale prevalente a Cuba, ma ha anche trasgredito i ruoli che questo schema teorico assegnava alle realtà e alle ribellioni dei popoli, e ha distrutto tutti i calcoli e le previsioni di ciò che era possibile nell’equilibrio geopolitico tra le grandi potenze. Ha dimostrato che era possibile, partendo dalle condizioni concrete di un paese con una struttura di dominazione neocoloniale come Cuba, e facendo appello alla forza, all’organizzazione e alla mobilitazione dei più umili, dispiegare un’insurrezione popolare vittoriosa che si ponesse obiettivi trascendenti di liberazione nazionale e di giustizia sociale. Il leader ribelle che, nel giugno del 1958, nel mezzo della Sierra Maestra, resistendo a un’offensiva militare della dittatura, avvertì che il suo vero destino sarebbe stato quello di combattere contro l’imperialismo statunitense, insegnò e imparò, insieme al suo popolo, che solo con il socialismo ci saremmo potuti liberare dalla dominazione straniera e costruire una società di piena uguaglianza e libertà. E ci ha lasciato, come eterna lezione di incalcolabile valore, che per una rivoluzione la cosa più sensata e raccomandabile da fare, cioè la migliore, sarà sempre quella di lottare per l’impossibile.

Quello di Fidel è il pensiero di un rivoluzionario che cerca di trasformare il mondo, e per riuscirci deve cercare di conoscerlo in tutta la sua realtà contraddittoria e complessa. Si tratta, dunque, di un pensiero di una dimensione totalizzante, di una totalità straordinaria, e al tempo stesso di una formidabile capacità dialettica. Non aderisce a ricette o schemi prestabiliti, ma combina perfettamente due aspetti essenziali del lavoro di un rivoluzionario: un’incrollabile fermezza nei principi, che non sono negoziabili, e un’ampia flessibilità tattica.

Fidel parte dal conoscere bene le realtà e le circostanze, ma non per adattarsi ad esse, bensì per superarle, per trasformarle, facendo appello soprattutto alle fibre più intime dei rivoluzionari. Ci ha insegnato che la principale arma di resistenza della Rivoluzione è la mobilitazione e la coscienza dei rivoluzionari. Questa lezione è di vitale importanza per Cuba, che sta attraversando uno dei momenti più complessi della sua storia, in cui il suo pensiero deve essere costantemente una guida in tutte le nostre azioni.

È una nostra responsabilità, un impegno enorme di tutti i cubani, che Fidel continui a vincere anche dopo la sua morte. E il modo migliore per mantenerla imbattuta è che la Rivoluzione vada avanti, e assuma la sua eredità come qualcosa di vivo, in movimento, per arricchirla e approfondirla.

Mella diceva che anche dopo la morte siamo utili. Affinché Fidel rimanga utile, sarà necessario comprendere le coordinate e le chiavi del suo pensiero, e interpretarlo in modo creativo, secondo le circostanze che dobbiamo affrontare.

Per una tale impresa avremo bisogno che Fidel non sia mai un freddo pezzo da museo o un oggetto di vuota adorazione tra noi, ma che continui ad essere al nostro fianco nelle nostre battaglie. Deve continuare ad essere il compagno che ci guida, il leader che ci incoraggia, il pensiero che ci guida, la voce che continua a chiamarci, come alla vigilia di Girón, ad occupare le nostre posizioni di combattimento in difesa della più bella opera di giustizia che l’umanità abbia mai conosciuto, con l’eterna convinzione della vittoria e che “morire per la patria è vivere”.

 

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