Alessandro Marescotti – 26 marzo 2024
L’invio di armi da parte della Nato, sebbene nelle intenzioni miri a sostenere le forze ucraine, non capovolge la guerra ma la prolunga e ne ingigantisce gli effetti, paradossalmente a tutto vantaggio della Russia. Gli esperti lo definiscono “war paradox” e lo hanno anche studiato.
Un soldato della 46a Brigata Aerea in prima linea di Krasnohorivka, a Donetsk, ha rilasciato alla Cnn questa testimonianza: “In precedenza, venivamo bombardati solo con l’artiglieria. Ora i russi hanno preso la città in modo più aggressivo, hanno iniziato a utilizzare mezzi dell’aeronautica, in particolare il FAB-1500. Perché lo utilizzano? Perché il danno che ne deriva è molto grave. Se sopravvivi, sarai sicuramente ferito. Mette molta pressione sul morale dei soldati. Non tutti i nostri ragazzi possono resistere. Anche se ormai sono più o meno abituati al FAB-500, il FAB-1500 è un inferno”.
La devastante bomba FAB
In un conflitto già devastante come quello in Ucraina, l’introduzione di armamenti come la bomba FAB-1500 rappresenta un nuovo livello di orrore e brutalità. Quest’arma, con la sua massa di 1,5 tonnellate, di cui metà è esplosivo ad alto potenziale, sta demolendo le difese ucraine. Genera crateri enormi, entra in profondità nei bunker, polverizza i centri di comando. Annienta i soldati. Quelli che sopravvivono hanno lesioni gravi e ne escono moralmente distrutti.
Lanciata da aerei da combattimento a distanze al di là delle difese aeree ucraine, questa bomba causa danni devastanti e infliggendo una pressione insostenibile sul morale dei soldati. Molti dei sopravvissuti ne usciranno mentalmente segnati per sempre con la sindrome post-traumatica (PTSD). E non c’è patriottismo che possacurare questa sindrome, anzi sono proprio i più patriottici a esserne colpiti.
La demolizione della retorica militare
Queste bombe demoliscono l’ideologia e le motivazioni che hanno spinto non pochi ucraini ad arruolarsi volontari.
Infatti svuotano di senso la retorica dell’eroismo militare su cui si è basata la narrazione della guerra dall’Iliade in poi.
L’eroismo non conta più nulla di fronte a una bomba FAB.
Mosca – come se non bastasse – sta avviando la produzione della bomba Fab-3000 da 3 tonnellate, il doppio della Fab-1500.
L’invio di armi da parte della Nato, sebbene nelle intenzioni miri a sostenere le forze ucraine, non capovolge le sorti della guerra ma, piuttosto, la prolunga. La Russia infatti reagisce utilizzando armi sempre più potenti mettendo in pericolo ancora di più le vite dei soldati ucraini e perpetuando così il ciclo di sofferenza.
Il “paradosso bellico”
Come si può definire questa strategia della Nato che intende ottenere un fine e poi ne raggiunge un altro di segno opposto?
Questa strategia della NATO può essere descritta come un esempio di “paradosso bellico” (“war paradox”). Inizialmente, l’intento potrebbe essere quello di sostenere le forze ucraine e cercare di riequilibrare la situazione sul campo di battaglia. Tuttavia, l’effetto reale è quello di prolungare il conflitto e aumentare il livello di sofferenza umana, poiché l’arrivo di nuove armi introduce una maggiore letalità nel teatro di guerra. Invece di risolvere il conflitto, questa strategia ha l’effetto paradossale di alimentare ulteriormente la violenza e la distruzione.
Effetti opposti rispetto alle aspettative
Il concetto di “paradosso bellico” si riferisce a situazioni in cui le azioni intraprese durante un conflitto armato, sebbene mirino a raggiungere un obiettivo specifico, producono effetti contrari o indesiderati rispetto a quelli previsti. Questo concetto evidenzia la complessità e l’ambiguità delle dinamiche della guerra, dove le azioni pianificate possono avere conseguenze impreviste o persino opposte a quelle desiderate.
Non esiste un solo studio specifico dedicato al concetto di “paradosso bellico”, ma è un tema che è stato ampiamente analizzato e discusso dagli studiosi di geopolitica, strategia militare e studi sulla guerra. Gli studiosi cercano di comprendere le dinamiche complesse dei conflitti armati e di prevedere le conseguenze delle azioni militari per evitare effetti controproducenti durante la pianificazione e l’esecuzione delle operazioni militari.
Gli effetti opposti della guerra li stiamo constatando adesso e notiamo che la Russia non sta perdendo la guerra, anzi. La Russia doveva sanguinare fino a svenire, e invece no. L’Ucraina doveva essere il Vietnam dell’armata russa, e invece no.
I veri perdenti di questa guerra per Mearsheimer
Uno studioso del conflitto militare come John Mearsheimer aveva detto nel luglio del 2022: “Penso che i veri perdenti in questa guerra saranno gli ucraini. E quel che è successo è che abbiamo portato l’Ucraina alla rovina. Abbiamo spinto molto per incoraggiarli a voler diventare parte della Nato. Abbiamo spinto molto forte per farli entrare nella Nato e fare di loro un baluardo occidentale ai confini della Russia, malgrado i russi avessero detto molto chiaramente che sarebbe stato per loro inaccettabile. Non c’è dubbio che i russi stanno facendo il lavoro sporco. Non voglio mentire su questo. Ma la domanda è che chi ha portato i russi a fare questo”.
Gli studi sul “paradosso bellico”
Ci sono diversi studi e analisi che affrontano il concetto di “paradosso bellico” o concetti correlati che illustrano come le azioni militari possano avere effetti imprevisti o contrari alle intenzioni iniziali. Ecco alcuni esempi:
1. “The Tragedy of Great Power Politics” di John Mearsheimer – Questo libro analizza le dinamiche della politica internazionale e sottolinea come gli stati possono spesso agire in modi che producono risultati opposti a quelli desiderati, portando a situazioni paradossali e conflittuali.
2. “Thinking in Time: The Uses of History for Decision Makers” di Richard E. Neustadt e Ernest R. May – Questo testo esplora come i leader politici e militari utilizzano la storia per prendere decisioni e anticipare gli esiti delle proprie azioni, ma anche come queste decisioni possono portare a risultati inattesi o contrari alle previsioni.
3. “The Fog of War: Lessons from the Life of Robert S. McNamara” di James G. Blight e Robert K. Brigham – Questo libro esplora le complessità e le ambiguità della guerra attraverso lo studio del segretario alla difesa americano Robert McNamara, evidenziando come le decisioni militari spesso portino a conseguenze non intenzionali.
Vi è poi un altro libro che potrebbe essere utile a comprendere lo scontro attuale fra l’esercito israeliano e Hamas:
4. “Counterinsurgency Warfare: Theory and Practice” di David Galula – Questo libro fornisce un’analisi dettagliata delle strategie di controinsorgenza e sottolinea come le azioni militari volte a combattere l’insurrezione possano talvolta rafforzare i ribelli anziché indebolirli.
Questi sono solo alcuni esempi di testi che affrontano il tema del “paradosso bellico” o situazioni analoghe. Gli studiosi di geopolitica, relazioni internazionali e strategia militare spesso discutono e analizzano questi concetti in una vasta gamma di pubblicazioni accademiche e non accademiche.
L’insostenibilità della guerra a oltranza
L’analisi del “paradosso bellico” può indurre gli stessi esperti militari a preferire le trattative alla prosecuzione della guerra in determinate circostanze. Questo perché i potenziali risultati paradossali della guerra a oltranza possono generare la consapevolezza che il costo umano, economico e sociale della guerra può essere estremamente elevato e spesso supera i (presunti) benefici ipotizzati.
Più si studia nel dettaglio la guerra in Ucraina e più emerge l’illogicità dei fautori dei suoi sostenitori a oltranza che altro non fanno che svolgere il ruolo esattamente opposto a quello che pensano di incarnare. Un vero e proprio paradosso bellico.
Una nuova consapevolezza
Leggendo un recente editoriale di Andrea Malaguti su La Stampa emerge tutto il fastidio per quella retorica della guerra a oltranza che si è impossessata dei vertici europei: “Il presidente del Consiglio, Charles Michel, manda in giro una lettera il cui titolo esplicito è: si vis pacem para bellum. Dopo duemila anni siamo sempre lì. Ma a nome di chi parla, di grazia? Con chi si è confrontato? A chi ha chiesto il permesso?”