Ucraina, Aginform: “Chi è il nemico e come combatterlo”

E’ bene che i compagni affrontino fino in fondo le questioni legate alla guerra in Ucraina per avere, in una situazione difficile e complessa come l’attuale, le idee chiare su come attrezzarsi.

Ci sono difatti diverse questioni da chiarire e riguardano ambiti diversi.

Una riguarda direttamente i comunisti. Con l’intervento russo in Ucraina riemergono attualizzate posizioni che confermano le derive che si sono espresse già in passato in varie occasioni. Da una parte il PCF, i comunisti francesi e il PTB belga che condannano l’intervento russo. Dall’altra il KKE, il partito comunista greco, che oggi dirige una sorta di V internazionale che ne condivide le posizioni, che di fronte all’intervento russo sostiene la teoria dei tre imperialismi in conflitto tra di loro: USA, Cina e Russia. Per il KKE e la sua cerchia l’intervento russo in Ucraina dovrebbe dunque essere inquadrato in questo contesto.

Oltre ai comunisti anche quello che si usa chiamare il settore degli ‘antagonisti’ ha creduto bene di condannare l’intervento russo, che di fatto viene considerato un’avventura imperialista. Qui si tratta dei soliti anarco-movimentisti che hanno una antica avversione, spesso di matrice trotskista, verso l’orso russo, ma anche del solito opportunismo di sinistra che consente di presentarsi come anime belle che non si sporcano le mani quando c’è da scegliere e hanno prodotto la generazione dei né…nè.

Contro queste posizioni il dibattito e lo scontro è aperto e dobbiamo impegnarci perchè è ormai inderogabile che in Italia emerga, tra i comunisti e la sinistra antimperialista, una posizione corretta.

Il centro della questione non è però questo, bensì il pericolo grave che di fronte allo sviluppo drammatico della situazione e con una campagna martellante dei media filo-imperialisti dell’occidente capitalistico si smarrisca a livello di massa e popolare il senso interpretativo degli avvenimenti.

La prima questione su cui dobbiamo insistere, e che va spiegata a livello di massa, riguarda il significato dell’intervento russo in Ucraina, su cui dobbiamo dare una risposta chiara e convincente, soprattutto a quelli che hanno ben compreso l’operazione di accerchiamento della NATO, di cui l’Ucraina era parte rilevante, ma avanzano dubbi sui rischi dell’intervento militare e sulle possibilità di estensione del conflitto.

C’era un’alternativa all’intervento militare? Prima di metterlo in atto agli americani e alla NATO è stato detto chiaramente che la Russia voleva discutere la questione ucraina nel quadro di un’ipotesi di accordo globale per la sicurezza in Europa, che ovviamente avrebbe dovuto comportare la fine dell’accerchiamento missilistico e nucleare. Gli Stati Uniti e la NATO non solo hanno rifiutato di discutere di questo, ma hanno impresso un’accelerazione al progetto di ingresso dell’Ucraina nella NATO puntando a creare una situazione di fatto compiuto.

La Russia ha reagito per impedire questo esito e, visto il rifiuto occidentale di discutere, la sua scelta appare inevitabile se si voleva bloccare il corso delle cose e por fine non solo all’accerchiamento missilistico, ma al vero progetto americano rispetto alla Russia che è quello di tenerla sotto scacco per scegliere a tempo debito il momento opportuno per colpire. Questo era ed è ancora il vero progetto degli Stati Uniti e di coloro che ne stanno condividendo le scelte. Possiamo dire, anche se può sembrare un paradosso, che questa guerra ne sta impedendo un’altra di più vasta portata e prevedibilmente nucleare.

Questo ragionamento non ha nulla di ideologico o di russofilo, ma si basa su considerazioni oggettive che devono essere portate come elemento di discussione dentro la vasta area di quelli che sono sinceramente contro la guerra. L’azione pacifista generica che si sta sviluppando in questi giorni non individua le responsabilità di ciò che sta accadendo e senza di ciò si confonde l’obiettivo e non si dà efficacia alla protesta.

A coloro che vogliono la pace bisogna anche dire che, se è vero che la Russia, prevedendo la risposta negativa degli USA e della NATO, si è preparata per l’intervento, da parte sua il governo della ‘povera’ Ucraina stava lavorando da anni per lo sviluppo dei propri armamenti in vista di un confronto militare. E il rinnovamento degli arsenali intanto stava servendo a liquidare le repubbliche del Donbass dove gli attacchi venivano intensificati e riproponeva esplicitamente anche la questione della Crimea. Putin ha dunque aspettato che la situazione si chiarisse definitivamente, poi ha deciso di anticipare le mosse di Zelensky e dei suoi padroni occidentali.

Ora dunque c’è la guerra e per capirne gli esiti dobbiamo mettere in conto due cose: la posizione russa e il ruolo militare della NATO nel conflitto. Il governo russo ha detto apertamente che l’intervento avrà fine quando verranno realizzati gli obiettivi che si è proposto: denazificazione, neutralizzazione dell’Ucraina, riconoscimento delle repubbliche del Donbass e dell’adesione della Crimea alla Federazione russa. Le richieste russe pongono il livello dell’asticella delle trattative molto in alto per cui la guerra non finirà domani. Anzi sono proprio gli americani e i loro alleati che si stanno organizzando per una guerra di lungo periodo perchè da questa dipendono gli esiti della partita.

Anche l’Italia è in guerra, sia perchè è parte della NATO che ha deciso l’accerchiamento della Russia e ha provocato la guerra, sia perchè il governo Draghi ha deciso di alimentare la guerra con armi italiane.

E allora bisogna attrezzarsi per lo scontro. Il pacifismo generico non ci aiuta in questo. Bisogna invece individuare bene il nemico e gli obiettivi da raggiungere.

La questione della NATO è un discrimine. Chi vuole la pace deve essere contro questo strumento di guerra che non è un vecchio arnese, ma un’organizzazione militare che gli americani stanno utilizzando per impedire il declino dell’impero occidentale. Senza neutralizzare questo strumento di morte non ci può essere un futuro per il popolo italiano che deve recuperare la propria sovranità e indipendenza.

La seconda questione riguarda i governi delle guerre. La lotta per la pace ha un senso se lo scontro viene portato contro chi, in Italia, gestisce le guerre. In questo senso oggi il governo Draghi è il nemico di chi vuole la pace. Non si possono fare, per concludere, facili similitudini storiche tra la situazione della seconda guerra mondiale e quella odierna. E’ indubbio però che di fronte agli scenari di guerra che abbiamo di fronte i comunisti dovrebbero saper raccogliere con intelligenza e determinazione la bandiera della lotta e indicare un percorso pratico a chi la guerra la rifiuta. Su questo passaggio ineludibile si gioca la nostra credibilità.

Aginform

8 marzo 2022

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