La ritirata strategica dell’imperialismo occidentale

Aginform – 27 agosto 2023

 

C’è una similitudine tra il 1943 e la situazione odierna, come ha osservato anche Giuseppe Masala su l’Antidiplomatico?

E’ noto che nella seconda guerra mondiale il 1943 ha segnato l’inizio della ritirata strategica delle truppe naziste dai vari fronti di guerra, una ritirata che però è durata per altri due anni e con effetti ancora devastanti.

La ritirata nazista cominciò dopo Stalingrado e Kursk, due sconfitte strategiche sul campo, dovute all’Armata rossa, che dimostravano che la situazione per le armate tedesche era diventata irreversibile. Le sconfitte peraltro coinvolgevano anche il Nord Africa e il Pacifico: l’intero fronte della guerra era ormai in movimento e le truppe tedesche e giapponesi erano definitivamente costrette sulla difensiva, senza più speranza di capovolgere la situazione. Nel frattempo le truppe italiane si erano dissolte l’8 settembre 1943.

Non fu però un passaggio repentino. Solo nel Nordafrica, dove pure si era combattuto dall’inizio della guerra, il controllo anglo-americano nel 1943 poteva considerarsi definitivo ma, per il resto, mentre l’avanzata dell’Armata rossa avveniva a prezzo di battaglie durissime, lo sbarco in Italia comportò due anni di guerra, mentre quello in Normandia non fu una passeggiata e si concluse quasi un anno dopo e il Giappone si arrese nell’agosto del 1945, circa tre mesi dopo la resa dei tedeschi.

Perchè per l’occidente imperialista si può fare oggi un’analogia con quel fatidico 1943 e pensare che la ritirata americana dalla posizione di potenza dominante sia ormai inarrestabile? Il fatto è che, mettendo assieme alcuni passaggi della situazione geopolitica mondiale degli ultimi decenni, possiamo individuare le linee di tendenza principali che l’hanno segnata.

Sia chiaro, la conclusione non potrà essere quella della Berlino del 1945, con la bandiera rossa sul Campidoglio di Washington, ma è certo che la battaglia iniziata dagli americani subito dopo gli anni ’90 si concluderà con una sconfitta di carattere generale rispetto all’obiettivo che si erano proposti. Qual’era infatti l’obiettivo degli americani e del blocco occidentale e che cosa è accaduto in realtà?

Crollata l’URSS e il sistema di stati socialisti dell’est europeo, l’obiettivo era un mondo interamente controllato dagli Stati Uniti. Il loro sogno era di dilagare in ogni angolo della terra per saccheggiare risorse e allargare il controllo economico e militare che l’esistenza dell’URSS fino ad allora aveva impedito. In nome di quell’obiettivo a partire dagli anni ’90 del secolo scorso furono condotte una serie di guerre che dovevano estendere e rinsaldare il dominio americano dai Balcani e dall’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia, alla Siria. Ma che cosa è successo in realtà?

In ognuna di quelle situazioni gli americani hanno subito sconfitte. L’Afghanistan non è stato normalizzato e alla fine l’hanno abbandonato, l’Iraq è diventato una palude anche se il livello delle devastazioni è stato enorme e aggravato dalle divisioni etniche, in Siria l’azione congiunta dei russi e dell’esercito siriano ha bloccato il tentativo di rovesciare il governo e gli americani e i loro alleati hanno dovuto anche subire l’iniziativa iraniana nell’area. Anche i Balcani non sono stati pacificati perchè la Serbia sta resistendo ai tentativi di sottometterla completamente alla NATO e di recidere i legami storici con la Russia. Si è trattato, come si può evincere da questi fatti, del fallimento americano nel costruire, con l’intervento militare, una serie di basi sicure per l’allargamento e il consolidamento del loro dominio imperiale. Possiamo dire dunque che il loro blitzkrieg è fallito, anche se ha comportato ovunque morte e devastazioni.

A fronte di queste evidenti sconfitte gli USA hanno creduto bene di rimediare definendo una nuova strategia, basata non su obiettivi tattici, ma su una linea di contenimento globale del pericolo che veniva dai maggiori competitori, la Cina e la Russia. L’accerchiamento della Russia in Europa, dal Baltico al Mar Nero, e la pressione sulla Cina e la Corea e una controffensiva in Africa con l’appoggio francese diventavano i capisaldi della nuova strategia. Neppure questo schema però ha dato i suoi frutti. La Cina ha ribadito, anche con possenti esercitazioni aeronavali attorno a Taiwan, che l’isola appartiene alla madrepatria e ogni dichiarazione di indipendenza sarà considerata un atto di guerra. Sull’Ucraina ormai per la NATO si tratta solo di trovare una via d’uscita dall’esito disastroso della guerra e in Africa con la crisi del controllo francese e occidentale su un gran numero di paesi la partita diventa sempre più difficile. Anzi, più l’occidente imperialista tenta di allargare la crisi più diventa problematica la sua capacità di tenuta. Siamo dunque in pieno 1943.

Le armate dell’occidente imperialista sono ancora forti, ma in crisi strategica, e gli esiti del conflitto sembrano segnati .

Ora si tratta di vedere quanto resisterà l’Europa al logoramento della guerra in Ucraina e su questo si decide anche la sorte dell’impero americano. Un’Europa in crisi riporta l’America alla sua dimensione continentale. Anche perchè i BRICS sono alle porte per costruire l’alternativa e dichiarare chiusa l’epoca del dominio economico-finanziario esclusivo dell’occidente imperialista.

Noi però non aspettiamo sulla riva del fiume che il cadavere del nemico passi. Il 1943 non fu la fine della guerra, ma l’inizio della Resistenza.

 

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